Ubaldo Gandolfi
(San Matteo della Decima 1728-Ravenna 1781)
SAN LORENZO
olio su tela centinata, cm 145x98
Esposizioni
Mostra del Settecento Bolognese, Bologna 1935.
Bibliografia
Mostra del Settecento Bolognese. Catalogo delle opere, Bologna 1935, p. 61, n. 35.
L. Bianchi, I Gandolfi, Roma 1936, pp. 49-50; nota 53; p. 126.
Esposto alla storica mostra del 1935 come opera di Gaetano Gandolfi ma non riprodotto nel catalogo, denso ma estremamente parco di illustrazioni, che accompagnava l’esposizione, e mai più comparso in pubblico dopo quella data, il dipinto qui offerto è rimasto sostanzialmente ignoto agli studi moderni sui Gandolfi, e alla ricognizione del corpus di Ubaldo e Gaetano condotta a più riprese da Donatella Biagi Maino.
Unica a farne menzione, e con viva intelligenza critica, fu Lidia Bianchi nella monografia dedicata a entrambi pubblicata nel 1936, appena un anno dopo l’esposizione bolognese: e fu appunto la Bianchi a restituirlo con lucidi e pertinenti confronti al catalogo di Ubaldo Gandolfi.
Pur in assenza di menzioni tra le fonti contemporanee, come è del resto quasi inevitabile per un dipinto destinato con ogni probabilità alla devozione privata, la paletta qui offerta si inserisce infatti agevolmente nel percorso di Ubaldo tra la seconda metà degli anni Sessanta e i primi dell’ottavo decennio del Settecento. Innumerevoli sono infatti i confronti possibili con opere documentate, a partire da quelli, più immediati, concernenti il modello e la posa della figura maschile: la ritroviamo, con minime varianti, nella possente figura del Beato Filippo Bertoni nell’omonima pala nella chiesa bolognese dei Servi probabilmente del 1765, nel San Vincenzo Ferreri in S. Domenico a Budrio, firmato e datato dello stesso anno, e ancora nel più tardo San Sebastiano raffigurato insieme ai SS. Antonio abate e Marco nella pala della parrocchiale di Vigoroso, del 1773.
Anche la vivace cromia, più ricca e pastosa che non in Gaetano (come già sottolineava la Bianchi) ritorna, per ovvi motivi liturgici, nel San Lorenzo che insieme ad altri santi assiste in estasi all’apparizione di Cristo nell’imponente e bellissima pala di Medicina del 1766, e ancora nel Vescovo nella pala di Riolo, dell’anno precedente.
Più ardua l’identificazione di un possibile studio preparatorio: sebbene molto simile (ma non identica) per impostazione, la figura di San Lorenzo nel foglio dello Hessisches Landesmuseum a Darmstadt, anch’esso un tempo attribuito a Gaetano, si riferirebbe, come osserva Donatella Biagi a partire da una nota sulla montatura del foglio (Ubaldo Gandolfi, Torino 1990, p. 18, nota 32) a un “pallione”, ovvero stendardo processionale, che non può certo identificarsi col nostro dipinto ma ne riflette forse una declinazione ulteriore o un progetto diverso. A questo proposito desta senz’altro interesse la proposta avanzata da Jadranka Bentini in una comunicazione privata al museo di collegare il disegno a uno stendardo processionale eseguito da Ubaldo per la chiesa dei Filippini a Bologna (S. Twiehaus, Zeichnungen Bolognas und der Emilia 16. bis 18. Jahrhundert. Graphische Sammlung des Hessisches Landesmuseum Darmstadt, Darmstadt 2005, pp. 152-53, n. 99).
È possibile invece che la nostra figura, composta e insieme imponente, costituisca l’elaborazione di una di quelle “accademie” che Ubaldo Gandolfi, più volte Professore di Figura all’Accademia Clementina fra il 1761 e il 1780, tracciò lungo il suo intero percorso servendosene poi per scopi diversi. Ricordiamo, tra gli altri, il foglio della Fondazione Cini a Venezia, dalla collezione Certani (inv. 32971) più immediatamente riconducibile a un San Sebastiano, ma assolutamente consonante con questa figura di San Lorenzo, esaltata nella nostra tela dalla sontuosa policromia che la distingue.