Ferdinand Roybet
(Uzès 1840 - Paris 1920)
PORTRAIT OF JUANA ROMANI
oil on panel, cm 180x77
signed lower right
on the reverse: label of the Galerie Jean Charpentier of Paris
Provenance
Galerie Jean Charpentier, Paris
Private collection
Juana Romani nasce nel 1867 a Velletri, si sposta in gioventù a Parigi dove diventa "donna più produttiva di Francia", "una delle più illustri pittrici del mondo", una delle "quaranta immortali che rappresentano l'Italia": era una predestinazione che traeva energia dalla voglia di elevarsi da uno stato di miseria.
La Romani dipinge sole donne prendendo a modello, per molti dei suoi quadri, se stessa: come afferma la storica Malosetti Costa è "il principio della moda in senso moderno". Raffigura Salomé, Giuditta, Erodiade, Bianca Capello, la figlia di Teodora, la Maddalena "colle loro dilatate pupille nevrasteniche", semplicemente avvolte nei tessuti dalle decorazioni medievali e rinascimentali.
Oscillando tra l'estetica simbolista e preraffaellita, la Romani non dipinge che se stessa trovandosi in quelle donne dalla forte personalità, che irradiano luce propria, che si perdono sullo sfondo neutro assurgendo a simbolo.
Juana Romani proprio per la sua tensione verso l'ideale cerca di mettere in pratica quello sdoppiamento psichico e reale che anche l'uomo artista fa scindendosi in essere fisiologico ed estetico. L'attenzione della Romani per l'individuo in sé la porta ad elaborare una visione molto elitaria dell'arte dominata da talento e virtù. La scelta di castità si mostra quindi come una rinuncia alla maternità in pieno favore dell'arte.
Il trasferimento della famiglia nel 1877 dal paese natale a Parigi che stava divenendo la "capitale della modernità", il suo precoce mestiere di modella d'artista che le ha permesso di fare amicizia con i pittori e gli scultori con i quali lavorava e la relazione intima con Ferdinand Roybet, allora artista riconosciuto e apprezzato, e poi ancora la partecipazione alle esposizioni universali del 1889 e del 1900 nella sezione italiana assieme a Boldini, Mancini, Michetti, Sartorio, Segantini etc., ai Salon parigini dal 1888 al 1904 e alla biennale di Venezia, la fortunata amicizia con la famiglia Lumière portando a Velletri il primo "cinematografo", la compera di diverse sue opere da parte dello Stato francese: una carriera brillante fatta di premiazioni e tormenti.
La Romani pur formandosi in atelier privati di artisti francesi, essendoci per la donna fino al 1902 il divieto di entrare nelle accademie pubbliche d'arte, e vivendo per più di vent'anni a Parigi crea ed espone esclusivamente per l'Italia, scelta che la condannerà alla perdita di senno. Nel 1894 aveva esclamato a un giornalista: "io rialzerò l'arte in Italia!".
Pur ricevendo apprezzamenti dalla sua città natale che le titola in vita una via, una scuola d'arte e un premio annuo per gli alunni meritevoli e avendo un supporto nel suo maestro e amante Roybet, vent'anni più vecchio di lei, non può che cedere alla distruzione completa della propria personalità costruita sull'arte, le virtù e l'Italia. Accomunata dalla stesso destino della sua collega Camille Claudel, nel massimo del successo, viene internata in più manicomi: morirà nel 1923 nel più assoluto silenzio e abbandono.
(da Juana Romani, una pittrice dimenticata, juanaromani.tumblr.com)