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Florence, 
wed 11 October 2017
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Gaspar Rem

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Gaspar Rem

(Anversa, 1542 - Venezia, 1617)

GIUDITTA CON LA TESTA DI OLOFERNE

olio su tela, cm 103x82,5

firmato “IASPR REM” in basso a sinistra

                     

Bibliografia

V. Mancini, Gaspar Rem : un veneziano di Anversa e una Giuditta ritrovata, Firenze, 2010    

 

Riscoperto da Giorgio Faggin, studioso di artisti neerlandesi attivi a Venezia che nel 1964 gli dedicò una breve nota, il pittore anversese è stato recentemente l’oggetto dell’approfondita e ben documentata ricerca di Vincenzo Mancini che a partire da fonti e documenti, in particolare i testamenti del pittore, ha potuto ricostruire per quanto in via ipotetica le sue vicende biografiche e le sue frequentazioni veneziane, sempre indirizzate ad artisti e mercanti della patria di origine. Ne è stata occasione il ritrovamento del dipinto qui offerto, la cui pulitura ha rivelato la firma in forma estesa presente su altre tele già note agli studi. Tra queste, la Allegoria della Vanità pubblicata appunto da Faggin (Su Gaspar Rem e altri pittori neerlandesi-veneziani del Cinquecento, in “Emporium” CXL, 1964, 840, pp. 242-43, fig. 1; V. Mancini 2010, fig. 8) così strettamente affine alla nostra Giuditta da farla collocare in una stessa ideale galleria di personaggi femminili. Appare senza dubbio pertinente la suggestione di Mancini circa la possibilità di identificare la nostra eroina biblica con il “quadro de Giuditta in tela senza soasa” legato dall’artista a uno dei suoi esecutori testamentari.

Autore dei teleri con storie della vera Croce eseguiti nei suoi ultimi anni per la Scuola dei Mercanti de Vin nel sestiere di San Silvestro, pubblicati per la prima volta da Aldo Rizzi (1969-70) e nuovamente illustrati da Mancini, Gaspar Rem si dimostra particolarmente felice nelle opere di destinazione privata come appunto quella qui offerta. Probabilmente attivo per il mercato nordico come restauratore e copista dei grandi maestri del Cinquecento, Gaspar Rem si forma, almeno idealmente, sui modelli di Tintoretto e del Veronese, che traspaiono in qualche misura anche nelle sue invenzioni originali, come quella in esame. Dalla grande stagione della pittura veneziana e dal suo più recente recupero ad opera di Parrasio Michiel e, sul versante lombardo, di Fede Galizia e Simone Peterzano discende infatti la nostra eroina biblica, caratterizzata dagli importanti volumi dei panneggi di colori contrastanti, ulteriormente impreziositi da ricami e passamanerie, oltre che dai raffinati gioielli che appunto la legano alla già citata Vanità. Una datazione all’ultimo decennio del Cinquecento o appena all’inizio del nuovo secolo sembra suggerita anche dalla consonanza con la Giuditta di Fede Galizia, firmata e datata del 1596 nella versione a Sarasota, Ringling Museum of Art, verosimilmente la più antica tra le varie repliche della pittrice milanese.