Giovanni Colacicchi
(Anagni 1900 - Firenze 1992)
L'EBBREZZA DI NOE'
olio su tela, cm 94x154,5
retro: firmato e titolato
L'opera è accompagnata da una lettera di Giovanni Colacicchi datata 5 luglio 1989 indirizzata alla nipote Giovanna:
"Cara Giovanna, ti faccio / portare da Francesco il bozzet/tone dello "scorno di Noè" / spero ne sarai contenta / Carissimi saluti / e un abbraccio a te e a Paolo. / Zio Giovanni / Firenze 5 luglio 1989"
Il dipinto è una versione dell'Ebbrezza di Noè del 1955, conservata nella collezione degli Eredi Colacicchi.
"Alla metà degli anni Cinquanta, ormai in posizione d'isolamento nei confronti della cultura artistica del tempo, Colacicchi ritorna al tema mitico nella grande composizione del Noè ebbro per il quale posa l'ormai anziano ma fedele Vico Taddei. "Ho voluto portare l'episodio biblico in una luce d'aria aperta e di caldo sole autunnale" – dirà più tardi, nell'80, presentando un'ampia antologica alla Gradiva di Roma. E l’approdo è "il mito veduto con gli occhi", quella "superiore naturalezza", desiderato incontro di "effimero e di eterno" che egli da sempre andava ricercando e di cui al tempo, critico d'arte de "La Nazione", ritrovava le tracce nella pittura di Giorgione. La luce della pala di Castelfranco, dorata "come in una giornata di fine estate" con "le ombre che si affievoliscono sotto gli alberi lontani" e il "fresco del vento che ha portato la nuvola" sembra infatti esser stata nella mente di Colacicchi mentre dipingeva il Noè".
S. Ragionieri in M. Fagiolo dell’Arco, Giovanni Colacicchi, Milano 1991, p. 208 n. 98