Scuola neoclassica, fine sec. XVIII
IL GIUDIZIO DI VIRGINIA
olio su tela, cm 98x134,5
Il dipinto qui offerto narra la storia di Virginia, eroina di una leggenda romana collegata all’abolizione del decemvirato legislativo del V sec. a.C. e alla restaurazione della libertà plebea.
La leggenda, narrata già dai più antichi annalisti, viene riportata da Tito Livio nell’opera Ab urbe condita, III, 44.
Virginia, che per la sua bellezza era insidiata dal decemviro Appio Claudio, uno tra gli uomini più malvagi del secondo decemvirato, fu uccisa da suo padre Lucio Verginio che volle sottrarla in tal modo al disonore. Insorti la plebe e l’esercito, il decemvirato fu abbattuto, e Appio Claudio si uccise. La leggenda s’ispirava probabilmente al concetto che il disprezzo per l'onore delle donne è l'estremo e il più ripugnante eccesso della tirannide, della quale provoca infine la rovina. L’episodio è analogo a quello di Lucrezia romana, che si suicidò perché disonorata da Sesto Tarquinio.
Gli antefatti della storia sono i seguenti: il decemviro Appio Claudio, che si era invaghito di lei, tentò di corrompere la giovane con denaro e lusinghe, ma ella resistette; poi, approfittando dell'assenza del padre di lei che era impegnato in una campagna militare, convinse un suo cliente, Marco Claudio, a sostenere che Virginia fosse una sua schiava, per poter rispondere totalmente della donna. Ma le persone presenti nel foro sapevano che era una menzogna conoscendo le origini romane della fanciulla, per questo Marco Claudio portò la causa in tribunale, presieduto dal proprio mandante Appio Claudio. I difensori della ragazza testimoniarono la paternità romana di Virginia e chiesero che ogni decisione fosse sospesa fino al ritorno del padre. Il momento solenne che viene rappresentato nel nostro dipinto è proprio questo e precede l’estrema decisione di Lucio Verginio di sacrificare la vita della figlia pur di mantenerne intatta l’onestà.
Il soggetto di Virginia è stato più volte usato anche nella letteratura; del 1777 è la tragedia Virginia di Vittorio Alfieri, quindi di poco antecedente al momento in cui è stato realizzato il nostro dipinto.
Si tratta di un soggetto che ben rispondeva al sogno dell’antichità classica vagheggiato dagli artisti dell’epoca.
Il pittore del nostro Giudizio di Virginia, probabilmente un francese di passaggio in Italia verso gli anni Ottanta del Settecento, risolve la composizione del quadro in uno schema ordinato e razionale di chiari e scuri, di colori studiati armonicamente, di forme geometriche che mettono bene in scena la tragica sorte della fanciulla che è qui ancora bloccata nella sospensione del giudizio.