Orazio Riminaldi
(Pisa, 1593 - 1630)
ALLEGORIA DELLA CONVERSIONE ALLA VITA MONASTICA
olio su tela, cm 90x115,5
Provenienza
Collezione privata
Di non immediata comprensione iconografica, questo dipinto potrebbe rappresentare la rara iconografia della conversione alla vita monastica da parte di un giovane.
Al centro del dipinto, un giovane ben vestito, inginocchiato, porta la mano destra al petto nel chiaro gesto di risposta ad una chiamata da parte dell’anziano monaco in piedi sulla sinistra. In prima battuta avevo pensato di identificare la figura del monaco con san Benedetto da Norcia per via dell’aspetto e dell’abito monastico; tuttavia, l’assenza di qualsiasi forma di aureola o di richiamo alla santità mi ha fatto desistere da questo riconoscimento. Davanti al giovane è raffigurata l’allegoria dell’anima beata come si deduce dalla presenza della fiammella che arde sul capo del bambino nudo che indica al giovane il monaco.
In primo piano sulla destra è raffigurato Cupido piangente con ai piedi gli strumenti spezzati della sua arte, l’arco e la faretra. Sul fondo a destra, alle spalle di Cupido vi sono tre figure; facilmente riconoscibile è quella in ultimo piano: si tratta di un satiro che probabilmente ha amoreggiato con la giovane donna posta sull’estrema destra, mentre l’altra giovane - che dà le spalle al monaco - con in mano uno specchio è una chiara allegoria della vanità.
Dunque, da questa rapida descrizione è possibile interpretare iconologicamente il dipinto come la rinuncia da parte di un giovane signore ai piaceri ed ai vizi della vita secolare per abbracciare (si veda il gesto delle braccia aperte e protese del monaco nei suoi confronti) la vita monastica, spirituale, spronato dall’Anima beata.
In mancanza di ulteriori dettagli è per me difficile al momento avanzare ipotesi sull’identificazione del giovane e sull’eventuale origine storica o letteraria della scena di conversione qui raffigurata.
Per quanto riguarda l’autore di questo bel dipinto, ritengo che esso vada individuato nel maestro pisano Orazio Riminaldi in un momento cronologicamente precoce della sua produzione, intorno al 1615-1618. Se decisamente ‘riminaldesche’ sono le figure dell’anziano monaco, del satiro e della Vanitas, caratterizzate da fisionomie di piglio naturalistico e da posture ancore tardomanieriste, meno convincenti appaiono i confronti con le figure di Cupido e con quella del giovane ‘converso’ che tradiscono minore qualità (probabilmente a causa di una conservazione non perfetta della pellicola pittorica).
I dipinti accostabili stilisticamente a questa Allegoria sono il Martirio di santa Caterina d’Alessandria (Assisi, Museo diocesano) e la Vestizione di santa Bona (Pisa, chiesa di S. Martino) soprattutto nella resa cromatica e degli incarnati con il particolare effetto levigato tipico di Riminaldi, e per i delicati contrasti chiaroscurali, i panneggi ridondanti e orlati di luce, il punto di vista ribassato che proietta le figure contro il cielo e soprattutto il rapporto dinamico tra luce ed ombra.
Pierluigi Carofano