José De Madrazo
(Santander 1781- Madrid 1859)
LA FELICITA' ETERNA
olio su tela, cm 210x189
firmato e datato sulla tavola tenuta dall'amorino a sinistra: “J. de Maìdrazo f.t. Roma / 1813”.
Opera dichiarata di interesse culturale particolarmente importante dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo con Decreto Legislativo del 3 giugno 2010
Iscrizioni
“Felices / qui amant / custod.” (a sinistra); “ Felices / qui custod. / amando” (a destra)
(“Felici coloro che amano custodendo”; “Felici coloro che custodiscono amando”)
Bibliografia
V. Cardarera, Don Joseì de Madrazo, in “El Artista”, T. II, XXVI, 1835, p. 308.
J. Caveda, Memorias para la historia de la Real Academia de San Fernando y de las Bellas Artes en EspanÞa, desde el advenimiento al trono de Felipe V, hasta nuestros diìas, Madrid,1868, p. 316.
M. Ossorio y Bernard, Galeriìa biograìfica de artistas espanÞoles del siglo XIX, Madrid, 1883-1884, p. 399.
A.Vegue y Goldon-F.J.Sanchez Cantoìn, Tres salas del Museo Romaìntico, Donaciìon Vega Inclaìn, Cataìlogo, Madrid,1921, p. 73.
B. de Pantorba, Don Joseì de Madrazo, in “Arte EspanÞol”, XVII, 1947, p. 67.
J. Jordàn de Urrìes y de la Colina, José de Madrazo en Italia (1803-1819), in “Archivo Espanol de Arte”, 65, 1992, p. 368, n. 38.
F. de Madrazo, Recuerdos de mi vida. In Federico de Madrazo. Catalogo della mostra a cura di C. Gonzàlo Lopez, Madrid 1994, p. 16.
F. de Madrazo, Federico de Madrazo, Epistolario, Madrid, 1994, alla data 28-2-1840.
Joseì de Madrazo (1781- 1859). Catalogo della mostra a cura di J.L. Diez, Madrid, 1998, p. 412, n. 69.
La Maestà di Roma. Catalogo della mostra, Roma 2003, riprodotto a p. 638, fig. 33.
Francesco Leone, José Madrazo a Roma: la Felicità Eterna del 1813, Roma 2012.
La storia del dipinto qui offerto, straordinario documento della committenza reale spagnola a Roma, è stata ricostruita da Francesco Leone grazie ai documenti e alle fonti biografiche resi noti da vari studiosi ancor prima che l’opera venisse identificata in una collezione privata italiana e riprodotta, senza commento, nel catalogo della fondamentale rassegna sulle arti a Roma nel primo Ottocento, tenuta nel 2003.
Come risulta dalla lista autografa delle proprie opere stilata da José de Madrazo nel 1835 e dai “Ricordi” di Federico de Madrazo (1815-1894), figlio dell’artista, la grande tela fu eseguita su commissione del re Carlo IV di Spagna, in esilio a Roma dal luglio del 1812, e destinata alla residenza del deposto monarca presso il convento di Sant’Alessio sull’Aventino, soppresso dai francesi nel 1810.
Descritto come decorazione del soffitto della sala che racchiudeva la collezione di quadri antichi e moderni del re, il dipinto risulta poi inventariato tra le 688 opere di proprietà di Carlo IV e della regina Maria Luisa spedite a Madrid nel 1818, a seguito della restaurazione della dinastia borbonica sul trono di Spagna.
È di nuovo Federico de Madrazo a informarci del ritorno in Italia della tela, quale dono del re Ferdinando VII, figlio di Carlo IV, alla nipote (nonché quarta moglie) Maria Cristina di Borbone, principessa delle Due Sicilie, in occasione delle nozze avvenute nel 1829. Risale certo al trasferimento presso il Palazzo Reale di Napoli la cornice, tuttora conservata, recante nei quattro angoli i gigli borbonici, e i sigilli in ceralacca con le armi dei Borbone di Napoli ancora parzialmente visibili al retro.
L’identificazione del dipinto qui offerto, di cui si ignora la storia più recente, con l’opera citata dalle fonti biografiche è ulteriormente documentata dal “ricordo” a penna e acquarello recante un’iscrizione che ne certifica la data di esecuzione e i passaggi tra le diverse residenze dei Borbone, un tempo conservato presso gli eredi Madrazo (cfr. José de Madrazo, 1998, p. 412, n. 69).
La commissione del sovrano spagnolo nel 1813 segna senza dubbio il vertice della carriera romana di José de Madrazo, giunto nella Città Eterna nel 1806 dopo una prima formazione presso l’Academia de San Fernando a Madrid e un fervido biennio a Parigi, alla scuola del maggior pittore d’Europa, Jacques-Louis David. Avendo riscosso un importante successo già nel 1807 con la Morte di Viriato (Madrid, Museo del Prado), punto di incontro tra il Neoclassicismo davidiano e le più antiche suggestioni di Nicolas Poussin, Madrazo pagò in prima persona la propria opposizione al regno di Giuseppe Bonaparte in Spagna, finendo addirittura imprigionato a Castel Sant’Angelo.
L’arrivo a Roma del monarca esiliato imprime una svolta alla carriera del giovane artista spagnolo, che nel 1813 oltre alla Felicità Eterna firma altri capolavori, primo fra tutti il Trionfo dell’Amor Divino sull’Amor Profano (Madrid, Prado) splendido esempio di quel Neoclassicismo venato di sensibilità romantica e quasi impercettibilmente riscaldato da un più moderno sentire che alla stessa data ritroviamo nelle tele di Tommaso Minardi come nei marmi di Antonio Canova.
Colta esercitazione sui temi del classicismo cristiano guidata dalle indicazioni dell’Iconologia di Cesare Ripa per quel che riguarda gli attributi della bella figura femminile come dei geni alati che l’accompagnano, la Felicità Eterna recupera altresì il modello raffaellesco della Poesia sulla volta della Segnatura, non senza il ricordo della Galatea alla Farnesina.
È comunque interessante osservare come questa palese celebrazione della legittimità della monarchia spagnola in una prospettiva antibonapartista non abbia impedito al Madrazo di essere chiamato a collaborare, negli stessi anni 1812-13, alla decorazione delle sale del Quirinale destinate ad accogliere l’Imperatore per una visita che non ebbe mai luogo, come si sa, ma costituì l’occasione di riunire i maggiori artisti europei per la creazione di un insieme che, per quanto mutilo, segna il vertice del Neoclassicismo a Roma.