Artista Caravaggesco attivo a Roma, primo quarto del sec. XVII
SANT’AGATA VISITATA IN CARCERE DA SAN PIETRO E DA UN ANGELO
Olio su tela, cm 103,5x144
Del tutto ignoto agli studi storico-artistici come peraltro al mercato, il dipinto che qui presentiamo si inserisce con ogni evidenza nel panorama variegato del caravaggismo romano nel terzo decennio del Seicento e, più verosimilmente, nella sua variante proposta dai pittori oltremontani.
La storia della miracolosa guarigione della giovane martire cristiana ad opera di un imbarazzato San Pietro, come riportata dalla Bibliotheca Sanctorum, è qui raffigurata in un quadro “da stanza”, poco più grande di una tela “d’imperatore”, e messa in scena da personaggi a tre quarti di figura e a grandezza naturale, colti all’interno di uno spazio appena suggerito nei suoi elementi essenziali emergenti dall’ombra. Una soluzione che, sebbene applicata a una scena sacra, non può non ricordare la manfrediana methodus generalmente vòlta a temi quotidiani e talora licenziosi o violenti.
Possibile precedente per il nostro dipinto, la tela di uguale soggetto dipinta intorno al 1614 da Giovanni Lanfranco, ora nella Galleria Nazionale di Parma: un dipinto dove nonostante la grazia “lombarda” i violenti contrasti di lume e i gesti serrati dei protagonisti rimandano al mondo caravaggesco. Più disteso e declamatorio il clima del nostro dipinto, già attento a quella retorica degli “affetti” che solo più tardi sarà compiutamente teorizzata ma ben presto, nel quarto decennio del secolo, troverà espressione nella pittura barocca: vediamo qui all’opera, insomma, un artista che sebbene formato sui modelli caravaggeschi si sforza di uscire da quella sorta di impasse rappresentata dalla “istoria… senza attione” che Giovanni Pietro Bellori avrebbe rimproverato al Merisi e per estensione ai suoi primi seguaci.
Vari elementi suggeriscono di ricondurre il nostro dipinto all’ambito di Simon Vouet e di accostarlo alla produzione romana dei primi anni Venti del maestro francese.
Non a caso, due versioni di questo soggetto, forse non autografe ma verosimilmente semplice riflesso di un’opera non ancora identificata, lo presentano in modi non lontani dalla nostra tela (cfr. B. Nicolson, Caravaggism in Europe, II edizione, Torino 1989, II, figure 727 e 729). Ancora più pertinenti, tuttavia, i confronti con opere documentate del suo ultimo tempo romano, la Circoncisione un tempo nella chiesa napoletana di Sant’Angelo a Segno, in deposito al museo di Capodimonte, firmata e datata da Roma nel 1622, e alcuni passaggi delle storie mariane nella cappella Alaleona a San Lorenzo in Lucina, dipinte a fresco tra l’autunno del 1623 e i primi mesi del 1624. Nella pala napoletana, e in particolare nelle figura della Vergine e della donna in primo piano ritroviamo infatti il modello per la nostra Sant’Agata dal profilo appuntito e i capelli raccolti, e i veli trasparenti che celano e esaltano le carni morbide, su cui non restano tracce del crudele martirio. Anche l’angelo adolescente dai rossi capelli arruffati trova i suoi affini sul soffitto e i pennacchi della cappella Alaleona, che costituiscono un riferimento cronologico e stilistico per il dipinto qui offerto.