Works on paper: 15th to 19th century drawings, paintings and prints

Florence, 
wed 3 October 2018
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45

 Giovanni Battista Paggi

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Giovanni Battista Paggi

(Genova, 1554 – 1627)

STRAGE DEGLI INNOCENTI

matita nera, penna e inchiostro, pennello e inchiostro acquerellato bruno e azzurro, carta vergellata colorata, applicato su cartoncino, mm 390x330

 

MASSACRE OF THE INNOCENTS

black chalk, pen and ink, brush and brown and pale blue wash, colored laid paper, laid down on cardboard, mm 390x330

 

Provenienza

Parigi, collezione Charles de Valori (Lugt 2500, sul verso in basso a destra); collezione non identificata; Parigi, collezione Armand Trampitsch.

 

Bibliografia

A. Orlando, Sinibaldo Scorza.Favole e natura all’alba del Barocco, catalogo della mostra a cura di A. Orlando, Genova 2017, p. 25 fig. 30; p. 27.

 

Il disegno costituisce un eccezionale documento della grande tela commissionata i primissimi anni del Seicento a Giovanni Battista Paggi da uno dei più raffinati collezionisti dell’aristocrazia genovese, Gio. Carlo Doria.

Ereditata dal fratello di questi, Marcantonio, presso i cui discendenti la vide Raffaele Soprani (R. Soprani, Le vite de’ Pittori, Scoltori et Architetti Genovesi, e de’ Forastieri che in Genova operarono, Genova 1674, p. 109), e successivamente Carlo Giuseppe Ratti, l'opera fu rubata agli inizi degli anni ottanta del Novecento nella villa Doria di Eboli, dove era stata trasferita dopo vari passaggi ereditari. L’unica porzione ritrovata dopo il furto - circa un terzo del totale che doveva avere suppergiù una larghezza superiore i 5 metri - è oggi conservata presso il Museo d’Arte Antica di Colle val d’Elsa, in provincia di Siena, ed è stata esposta in occasione della mostra L’Età di Rubens, tenutasi a Genova nel 2004 (P. Boccardo; M. C. Galassi in L’Età di Rubens. Dimore, committenti e collezionisti genovesi, catalogo della mostra a cura di P. Boccardo e A. Orlando (Genova 2004), Milano 2004, pp. 224-227, scheda 37).

La complessa messinscena della Strage degli Innocenti allestita in questo dipinto è nota grazie a una foto pubblicata da Ferdinando Bologna che, nel 1955, aveva potuto ancora vederla nella villa presso Eboli, e alla successiva identificazione di due disegni dei quali l’uno ritenuto replica di bottega (cfr. M. C. Galassi, La Strage degli Innocenti di Giovan Battista Paggi per Gio. Carlo Doria: un abbozzo inedito e qualche ipotesi per una "nobile gara"., in L’arte nella storia, Milano 2000, pp. 369-377).

Il foglio qui offerto, evidentemente già ridotto nelle dimensioni quando entrò a far parte, nella seconda metà dell’Ottocento, della collezione parigina del marchese Charles de Valori (1820-1883) – come testimonia la presenza del timbro nell’angolo inferiore destro – ripropone, in ogni dettaglio, circa la metà dell’intera composizione, la parte ancora dispersa: vi ritroviamo puntualmente delineati i disperati tentativi delle madri di proteggere dalla brutalità degli assalitori i loro figli ancora in fasce, le piccole vittime scaraventate al suolo e i loro corpicini ormai inermi sulla nuda terra o gettati tra i rovi.

Allo straordinario successo editoriale di questo tragico viluppo di corpi - la prima versione del noto madrigale di Giovan Battista Marino de La Galeria, dedicato nell’edizione del 1611 alla Strage degli Innocenti di Guido Reni, era dedicata proprio al capolavoro del pittore genovese (V. Farina, Giovan Carlo Doria promotore delle arti a Genova nel Seicento, Firenze 2002, p. 38) - corrispose anche un notevole riscontro da parte di numerosi artisti che da essa trassero suggestivi spunti figurativi (Camillo Procaccini, Simone Barabino, Domenico Fiasella, Giovanni Battista Merano).

La testimonianza più sorprendente di tale fortuna sono però due fogli del cosiddetto Taccuino di Anversa (Chatsworth, Devonshire collection), ritenuto dalla critica una copia del perduto Pocket-book eseguito durante il viaggio in Italia da Rubens, forse di mano di Van Dyck: tra altri appunti disegnativi sul medesimo tema, sono presenti due schizzi pienamente fedeli ad alcune figure della grande tela. Che Rubens, nel 1606 impegnato proprio presso Gio. Carlo a Genova, si sia soffermato su tale composizione, e non solo per via delle notevoli dimensioni, non deve stupire, in quanto avrebbe trovato in quel drammatico allestimento del racconto evangelico una fonte affine alla sua ricerca artistica, sfociata nelle impeccabili e dinamicissime composizioni che lo resero celebre.

Quel moto convulso di gruppi di figure, le cui braccia misurano la profondità del fondale architettonico, che suggestionò un artista del calibro del pittore fiammingo, trovò, concordemente al modus operandi tipico di Paggi, una preliminare messa a punto attraverso il disegno: l’esemplare in esame sarebbe pertanto una assai compiuta testimonianza del processo creativo intrapreso dal pittore genovese per portare a termine una commissione che per l’alta concentrazione di azione ed emotività costituisce un unicum nella carriera oggi nota dell’artista.

Il tratto della penna se pur puntuale e senza incertezze mantiene quell’immediatezza di racconto che ancora si sta svolgendo sotto i nostri occhi, mostrando l’acquisita capacità di Giovanni Battista Paggi di coniugare a una impeccabile resa, dal punto di vista prospettico, della collocazione delle figure nello spazio il dinamismo e il pathos che il tramato lineare e quello chiaroscurale creano sulla carta.

La sua produzione grafica, aggiornata a contatto con l’ambiente artistico fiorentino e assai debitrice della cultura veneta cinquecentesca, così come la sua pittura, era quanto di più aggiornato poteva esserci nel panorama artistico genovese all’esordio del Seicento e per questo apprezzata da un accorto collezionista quale il Doria.

Nel suo nutrito corpus grafico, oltre a più veloci schizzi a penna si trovano numerose sperimentazioni nelle quali combinava differenti supporti e media, ottenendo soluzioni diversificate volte alla definizione il più efficace possibile, dei volumi, dello spazio, della luce e della sequenza narrativa. Alcuni suoi disegni presentano infatti una composizione ben definita in ogni loro parte e un notevole effetto pittorico derivato dall’utilizzo di carte colorate e rialzi di biacca, talvolta con una scritta, da ritenersi autografa, sul verso che spiega il soggetto raffigurato: fogli che possono essere definiti di presentazione (si veda per esempio il San Giorgio alla ruota conservato presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 13315F; cfr. V. Frascarolo, Genova ‘disegnatrice’. Considerazioni sugli allievi di Giovanni Battista Paggi e l’Accademia di Giovan Carlo Doria, in Disegno genovese. Dal Bergamasco all’Accademia di Paggi, a cura di D. Sanguineti, Genova 2018, p. 28; fig. 6, p. 29).

Nel nostro caso la volontà di verificare e mostrare il potere suggestivo di una scena di grande complessità e ad alta intensità drammatica condusse il pittore ad accentuare il pittoricismo del modello grafico avvalendosi di due toni differenti di inchiostro acquarellato, steso su una carta dalla colorazione scura.