ALBARELLO BIANSATO, DERUTA, 1460-1490
in maiolica decorata in policromia con blu e arancio; alt. cm 21,5, diam. bocca cm 11,7, diam. piede cm 11
A TWO-HANDLED JAR (ALBARELLO), DERUTA, 1460-1490
Il vaso elettuario ha bocca larga con orlo piano estroflesso tagliato a stecca, che scende su un collo cilindrico basso e si congiunge alla spalla carenata dal profilo angolato. Il corpo è cilindrico, appena rastremato al centro, con calice angolato ma con profilo arrotondato, e scende obliquamente fino al piede piano e con orlo appena estroflesso. Due anse tortili si dipartono dalla spalla per scendere fino quasi al bordo del calice, dove si attaccano “a pizzico”.
Il decoro del collo mostra una serie continua di tratti di color arancio ed è replicato anche lungo il piede, ma con tratti più allungati e di colore blu. La spalla è decorata da una serie di “fiamme” intervallate da un ornato a tratti paralleli sottili e disposti a formare un triangolo. Il corpo, suddiviso in due metope principali separate da fasce verticali con decori a trattini obliqui, presenta su un lato una lettera gotica S, affiancata da motivi fogliati e puntinature e cerchietti, sull’altro una lettera gotica I, affiancata dai medesimi ornati secondari. Le anse sono dipinte con tratti orizzontali in blu.
Il vaso è raro, e questa tipologia è stata per lungo tempo al centro di discussioni attributive. Un confronto morfologicamente puntuale è con un esemplare della raccolta della Cassa di Risparmio di Perugia (T. Wilson, E.P. Sani, Le maioliche rinascimentali nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, II, Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, p. 76 n. 90) o ancor più con l’albarello araldico recentemente pubblicato da Elisa Sani in occasione della mostra di Deruta (C. Leprice, J. Racanello (a cura di), Back to Deruta, Sacred and Profane Beauty, Deruta Renaissance Maiolica, Parigi 2018, p. 50-53 n. 1). Molto prossimo al nostro esemplare anche l’albarello conservato al MIC di Faenza (C. Ravanelli Guidotti, Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza. La Donazione Angiolo Fanfani. Ceramiche dal Medioevo al XX secolo, Faenza 1990, p. 154 n. 87), con il quale condivide la morfologia e la tipologia dei decori minori, e di conseguenza l’albarello, già collezione Pringsheim e ora nella collezione Leheman al Met di New York, ancora attribuito alla Toscana (J. Rasmussen, The Robert Lehman Collection. 10. Italian Majolica, New York 1998, pp. 12-13 n. 6), alla cui scheda rimandiamo per l’elenco di opere di confronto, di cui alcune caratterizzate dalla presenza della lettera gotica.
La tipologia, che mostra un decoro ancora gotico, è stata per lungo tempo attribuita variamente alle manifatture faentine o toscane (J. Chompret, Répertoire de la majolique italienne, Parigi 1949, vol. II, p. 50 nn. 372-374, con anse a torciglione), per essere in seguito ricondotta alla manifattura originaria anche grazie allo studio attento di numerosi frammenti (G. Busti, F. Cocchi, Prime considerazioni su alcuni frammenti da scavo in Deruta, Faenza 1987, pp. 14-16 tav. V; C. Fiocco, G. Gherardi, L. Sfeir-Fakhri, Majoliques italiennes du Musée des Arts Décoratifs de Lyon. Collection Gillet, Lione 2001, n. 46 nota 2). La produzione di questi albarelli dovette essere cospicua, per varietà di forme e decori: gli scavi a Deruta hanno infatti restituito frammenti relativi a esemplari con anse simili a quelle dell’opera in esame, ma prevalentemente a oggetti con anse a torciglione.