BOCCALE, TOSCANA, PRIMA METÀ SECOLO XV
in maiolica dipinta a zaffera con blu di cobalto e piombo, bruno di manganese, su smalto piuttosto alto e un poco azzurrato; alt. cm 17,2, diam. bocca cm 9,8, diam. piede cm 9,6
A JUG, TUSCANY, FIRST HALF 15TH CENTURY
Il boccale ha corpo piriforme panciuto con bocca trilobata, su piede basso a base piana; l’ansa a nastro parte appena sotto l’orlo per scendere e congiungersi al termine della pancia.
Il decoro sul fronte dell’opera prevede al centro della composizione un grande giglio araldico a campo libero, circondato da foglie di quercia e bacche in una larga metopa, seguita da una serie di metope di larghezza variabile decorate a piccole pennellate che giungono fino all’ansa, a nastro larga e dal profilo ovale, decorata con una sequenza di sottili pennellate orizzontali; all’attacco inferiore presenta forse un segno geometrico. Lungo il collo, entro fascia orizzontale delimitata da due filettature, si scorge un motivo del “vaio” o “a lambelli”, così definito dal fatto che la serie di gocce parallele ricorda le pellicce araldiche, il vaio appunto (A. Moore Valeri, Florentine `Zaffera a rilievo' maiolica: a new look at the “oriental influence", in “Archeologia medievale” 11, 1984, pp. 486-487).
La morfologia del boccale trova riscontro in ambito romagnolo, ma soprattutto in Toscana a partire dalla metà del secolo XIV fino alla metà del secolo XV. Il decoro a vaio è però proprio delle produzioni toscane, documentato talvolta anche nella zona di Siena e a scendere fino alla zona di Viterbo. Il giglio invece è spesso legato alla città madre, Firenze, e prodotto in Toscana in generale e a Firenze e a Montelupo in particolare. La forma ci pare molto prossima alle produzioni quattrocentesche fiorentine prima dell’avvento dei decori a damaschina.
La forma del giglio, con occhi a risparmio al centro del petalo, trova comunque riscontro in esemplari della zona fiorentina, come ad esempio nell’orciolo di Giunta di Tugio del Cleveland Museum of art (inv. 1943.391). Per altri esemplari di confronto si vedano le opere del museo di Capodimonte, e quelle pubblicate nel volume dedicato alla “zaffera” (G. Conti et alii, Zaffera et similia nella maiolica italiana, Viterbo 1991, pp. 27- 57, 259-260).