ORCIOLO, ROMA, 1573
in maiolica dipinta in policromia a fondo azzurro con blu e giallo antimonio. Datato sul retro sotto l’ansa 1573; alt. cm 32,5, diam. bocca cm 10,8, diam. piede cm 15
A SPOUTED PHARMACY JAR, ROME, 1573
Il vaso ha forma ovoidale su stretto piede piano ed espanso, e collo breve che termina in una bocca con orlo estroflesso. L'ansa, a nastro, che parte appena sotto la bocca e scende fino al punto di massima espansione del corpo è di ricostruzione. Il corto beccuccio è a cannello cilindrico.
La decorazione ricopre l'intera superficie del vaso con motivo a larghe foglie su smalto azzurro berettino. Sul fronte, appena sotto il beccuccio compare uno stemma in cornice accartocciata d’azzurro al lambello di sei pendenti d’argento accompagnato da due falci lunari rovesciate in capo e crescenti in punta. Più sotto un largo cartiglio terminante con ampie volute arricciate e ripiegate ai lati, recante la scritta in caratteri gotici “salvie”, sotto il quale campeggia un mascherone femminile. Lungo il piede corre un decoro concatenato a piccole foglie, mentre il resto della superficie è occupato da un impianto decorativo fitomorfo a foglia bipartita, usato in prevalenza per corredi apotecari in monocromia cobalto su fondo azzurrato, comune a vari centri di produzione italiana tra la fine del XVI e gli inizi del XVIII secolo.
I reperti recuperati in scavi a Roma e i corredi di alcune farmacie proprio romane rafforzerebbero l’attribuzione di vasellami di questa tipologia decorativa a un’officina laziale, forse romana. Ma il raffronto con opere di produzione laziale, come i vasi apotecari della farmacia di Montefiascone non ci sembra pertinente. In quest’opera inoltre la forma del manico, seppur di ricostruzione, non sembra riportare traccia delle anse a doppio cordolo desinenti a ricciolo, tipiche della produzione dell’Italia centrale. Tuttavia il confronto con un’opera da collezione privata fiorentina, ancora attribuita a Venezia e datata 1586, ma dotata delle anse secondo la morfologia sopradescritta e con un mascherone del tutto analogo a quello raffigurato sul nostro vaso costituisce un valido confronto. Il cartiglio termina con ricciolo ripiegato con medesime caratteristiche e la decorazione sopra il piede nonché quella distribuita sul corpo del vaso coincidono (P. Casati Migliorini, L. Colapinto, R. Magnani, Vasi di farmacia del Rinascimento italiano da collezioni private, Ferrara 2002, pp. 272-273 n. 127). Del resto la produzione di vasi farmaceutici “alla veneziana” è attestata da documenti di archivio a Roma fin dal 1550 e da scarti di fornace di una bottega di vasai da Casteldurante a Roma (O. Mazzuccato, Le ceramiche da farmacia a Roma tra '400 e '600", Viterbo 1990, p. 81).
Infine il confronto con alcuni orcioli caratterizzati da un emblema a forma di elefante e con decori alla veneziana, stilisticamente affini al nostro, ci fa propendere per una produzione romana tra le più raffinate (R. Luzi, L. Pesante, in R. Ausenda, Le collezioni della fondazione Banco di Sicilia. Le maioliche, Milano 2010, p. 184 n. 67). Un confronto con un orciolo che per forma, tipologia dell’ansa e decoro è vicino al vaso in esame, appartenente già alla Farmacia dell’ospedale di San Salvatore a Roma e attribuito a fabbriche romane, ci conforta nell’attribuzione (C. Pedrazzini, La Farmacia storica ed artistica italiana, Milano 1934, p. 92).