FALDISTORIO LONGOBARDO, SECOLO VI-VII
in ferro ageminato e con pomoli in argento, cm 58x50,5x40
A RARE AND OUTSTANDING FOLDING CHAIR, LONGOBARD PERIOD, 6TH-7TH CENTURY
Si tratta di un raro esemplare di sedia pieghevole da campo di origine longobarda, riservata agli alti ufficiali dell’esercito, interamente abbellita da una raffinata decorazione in agemina d’oro e con terminali in argento. Il telaio è formato da due strutture rettangolari che si incrociano al centro e tenute insieme da due perni in modo da consentirne l'apertura a X, posizione che viene fissata grazie al sedile, composto da strisce di cuoio legate agli occhielli connessi alle traverse superiori. Una costruzione tecnica complessa all’epoca ma allo stesso tempo semplice e funzionale. Il cuoio della seduta non è coevo.
Derivato dal latino medievale faldistorium, a sua volta modellato sul germanico faldastôl, il termine individua un seggio, realizzato in legno o in metallo, la cui caratteristica principale è di essere mobile e pieghevole.
Alcuni esemplari si trovano presso importanti Musei italiani ed europei, come le sei sedie pieghevoli rinvenute nella necropoli longobarda di Nocera Umbra, delle quali cinque si conservano a Roma (Mus. dell'Alto Medioevo). Si tratta di seggi in ferro, arricchiti da una decorazione ad agemina d'argento sobriamente lineare. Risalente, per questi esemplari, agli inizi del VI secolo e a un'area di produzione bizantina, il tipo del seggio appare testimoniato già in uso, tra i secolo V e VI, in ambito visigoto - grazie alle sedie pieghevoli provenienti dalla necropoli reale di Ballana in Nubia (Cairo, Egyptian Mus.) - e merovingio, come provano l'esemplare conservato ad Annecy (Mus. Château), rinvenuto in Alta Savoia, e quello di Saint-Germain-en-Laye (Mus. des Antiquités Nat.), trovato a Brény. L'origine militare di questo faldistorio, modellato sulla sella castrensis romana, è indicata dalla sua presenza nella grande icona marmorea del santo guerriero Demetrio murata sulla facciata della basilica di S. Marco a Venezia, che, pur essendo un'opera bizantina del tardo XII secolo, si rifà a prototipi iconografici tardoantichi. Altri modelli simili al nostro sono conservati nel Tesoro di Spilamberto, in provincia di Modena e nel Musei Civici di Pavia.