Battista Lorenzi, detto Battista del Cavaliere
(Settignano 1527? - Pisa 1594?)
ANGELI IN ADORAZIONE
coppia di sculture in marmo bianco, cm 64x49x30
ADORING ANGELS
white marble sculptures, cm 64x49x30, a pair
Bibliografia
Mobili, dipinti, oggetti d’arte provenienti da una raccolta privata, catalogo della vendita (casa d’Aste Semenzato), Venezia, 25 - 27 aprile 1975, n. 416
I due affabili angeli genuflessi in lieve incedere con le ali ancora spiegate e le mani protratte al petto in atteggiamento adorante, nacquero in origine per essere collocati in maniera speculare sulla mensa di un altare, presumibilmente ad affiancare un tabernacolo eucaristico marmoreo o una venerata immagine.
La solidità delle forme anatomiche, le vesti sapientemente intagliate che alternano profondi sottosquadri a sottili increspature delle stoffe lungo le gambe e nei ricchi risvolti sui fianchi, le teste paffute, tornite ed animate da vezzose capigliature, sono tutti elementi che permettono di collocare le due figure nel contesto della scultura fiorentina del Cinquecento e di trovarne un importate precedente nella produzione di influenti maestri, quali Niccolò Tribolo, per la resa anatomica e dinamica dei corpi, il Maestro dei Bambini Turbolenti ovvero Sandro di Lorenzo, per la caratterizzazione delle teste dalle espressioni compiaciute e di velata ironia, e in particolare Silvio Cosini, per il vibrante ingarbugliarsi degli abiti e il piumaggio sfrangiato delle ali che ricordano da vicino quelli degli angeli del Duomo di Pisa, del Santuario di Montenero o del Sepolcro Maffei in San Lino a Volterra.
I forti accenti manieristi che caratterizzarono l’attività di quei maestri tendono però ad esaurirsi in una sintassi più pacata e in un sintetismo volumetrico neo-michelangiolesco secondo un indirizzo comune ravvisabile nella produzione di Giovanni Bandini, Raffaello da Montelupo o Francesco Mosca. Questo porta a spostarne la loro esecuzione oltre la metà del secolo e, in particolare, verso la produzione dello scultore Battista Lorenzi, membro di un’importante dinastia di scultori settignanesi di cui facevano parte anche i cugini Stoldo e Antonio di Gino Lorenzi. Battista fu tra i maestri più significativi della seconda metà XVI secolo, allievo prima di Baccio Bandinelli, nella cui bottega entrò nel 1540 (da qui l’appellativo Battista del Cavaliere), fu in seguito nella cerchia dei più fidati collaboratori di Benvenuto Cellini, al fianco del quale è documentato sin dal 1560 nella realizzazione del modello del Nettuno per il concorso di piazza della Signoria, divenendo alla morte del maestro nel 1570 l’erede della bottega di via della Pergola (H. Utz, Skulpturen und andere Arbeiten des Battista Lorenzi, in “Metropolitan Museum Journal”, 7, 1973, pp. 37-70; E. Schmidt, Eine Muse von Battista Lorenzi, in “Pantheon”, 58, 2000, pp. 73-80; M. Cicconi, Lorenzi, Giovan Battista (Battista), in Dizionario Biografico degli Italiani, 66, 2007, pp. 16-18).
Le due sculture, trovano notevoli riscontri con la testa della statua del Perseo che Battista scolpì per il palazzo fiorentino dei Salviati in via del Corso (detto Palazzo Nonfinito) tra il 1574 e il 1578, e lo stesso vale per il Tritone della fontana che Battista realizzò entro il 1577 per Cosimo I de’ Medici che ne fece poi dono a Garcia de Toledo, Viceré di Sicilia dal 1565 al 1568 e suo cognato, almeno per quello che possiamo oggi notare dalla statua nel cortile del Museo Archeologico Regionale di Palermo, riconosciuta in una copia puntuale fatta eseguire nel 1644 da una bottega locale (F. Loffredo, La vasca del Sansone del Giambologna e il Tritone di Battista Lorenzi in un'inedita storia di duplicati (con una nota sul Miseno di Stoldo per la villa dei Corsi), in "Saggi e Memorie di storia dell'arte", 36, 2012, pp. 57-114). Entrambe le opere presentano infatti un analogo trattamento delle capigliature vaporose e sostenute, articolate in ciocche roteanti e svirgolate, cui associano un’analoga espressione trasognata e ghignante dei personaggi, conferitagli dalla particolare predisposizione della bocca e la conformazione degli occhi, dai contorni netti e i bulbi oculari omogenei percorsi dai solchi circolari delle iridi. Le medesime caratteristiche possiamo inoltre scorgerle nella figura del Sant’Efisio, una delle statue che Battista Lorenzi realizzò per l’Altare dell’Incoronata del Duomo di Pisa e nelle protomi angeliche poste a coronamento delle targhe epigrafiche di quel medesimo complesso avviato a partire dal 1583 (H. Utz, Op. cit.; C. Casini, Dalle Cappelle dell’Annunziata e dell’Incoronata all’altare di S. Ranieri nel Duomo di Pisa. 1545-1592, in La Scultura a Pisa tra Quattro e Seicento, a cura di R. P. Ciardi, C. Casini, L. Tongiorgi Tomasi, Pisa 1987, pp. 218-228). La presenza di vari collaboratori al fianco di Battista Lorenzi, attestata dai documenti, può giustificare il leggero scarto stilistico ravvisabile tra l’angelo di destra, conforme ai modi del maestro, e quello di sinistra, dai tratti più arguti e i capelli scarmigliati, secondo le consuetudini di una strutturata bottega chiamata ad eseguire un complesso plastico monumentale.
G.G – D.L.