Maestro dei Crocifissi Scapigliati
(attivo a Firenze e in Toscana nell’ultimo quarto del XV secolo)
CRISTO CROCIFISSO
scultura in legno dipinto, cm 47x45
Maestro dei Crocifissi Scapigliati
(active in Florence and in Tuscany in the last quarter of the 15th century)
CRUCIFIED CHRIST
polychromed wood sculpture, cm 47x45
La realizzazione di immagini tridimensionali di elevata carica pietistica raffiguranti il Cristo inchiodato alla croce conobbe a Firenze una straordinaria proliferazione soprattutto nel corso degli ultimi due decenni del Quattrocento, stimolata dalle prediche di Fra Girolamo Savonarola inneggianti al ‘sacrificio’ del Redentore sulla croce, celebrato ‘Re’ di Firenze. Al fianco di Crocifissi in formato monumentale di grande intensità emotiva e vigoria anatomica, destinati ai vertici di tramezzi del coro dei principali edifici di culto, si sviluppò una parallela e altrettanto cospicua produzione di manufatti inferiori al naturale, alcuni più grandi ad uso processionale, altri di formato più contenuto, come nel nostro caso, riservati alla devozione in cappelle private e oratori, ma anche in studioli ecclesiastici o celle conventuali, come ben documentano le xilografie che accompagnano i principali trattati di dottrina domenicana dello stesso Savonarola in cui il frate è raffigurato in atto di scrivere o leggere in prossimità di un piccolo Crocifisso.
L’opera in esame si inserisce nel clima delle botteghe di scultura che tra la fine del secolo e gli inizi del Cinquecento dominarono il mercato fiorentino specializzandosi proprio nell’esecuzione di crocifissi, come quelle di Giuliano e Benedetto da Maiano, di Antonio, Giuliano e Francesco da Sangallo, di Chimenti e Leonardo del Tasso e di Baccio da Montelupo (“Fece di Scoltura di legname e colorì”. Scultura del Quattrocento in legno dipinto a Firenze, catalogo della mostra di Firenze, a cura di A. Bellandi, Firenze 2016; G. Amato, in Verrocchio il maestro di Leonardo, catalogo della mostra di Firenze, a cura di F. Caglioti e A. De Marchi, Venezia 2019, pp. 316-335). A questi si devono aggiungere altre importanti personalità, alcune, come Antonfrancesco Bugiardini, recuperate solo recentemente, altre la cui attività in questo genere artistico è ricordata solamente dalle fonti storiografiche (Baccio d’Agnolo, Giovanfrancesco Rustici, Andrea Sansovino), altre rimaste oggi ancora anonime ma ben note per la loro ricchissima produzione votata ad una rilettura in chiave meno aulica dei moduli iconografici e stilistici codificati all’interno delle principali botteghe fiorentine. Il più prolifico tra questi è noto con il nome convenzionale di “Maestro dei crocifissi scapigliati” - autore cui si intende riconoscere la paternità dell’opera in esame - la cui identità è stata coniata da Aldo Galli solo nel 2011 (in The Middle Ages and Early Renaissance. Paintings and Scultptures from the Carlo de Carlo Collection and other provenance, a cura di G. Caioni, F. Moretti, Firenze 2011, pp. 162-167), mettendo insieme un gruppo di Crocifissi lignei (Prato, Oratorio di Sant’Antonio Abate; Firenze, Museo dell’Opera del Duomo, chiesa di San Lorenzo, chiesa di Santa Maria a Peretola) in parte già riuniti su base stilistica un quarantennio prima da Margrit Lisner (Holzkruzifixe in Florenz und in der Toskana von der Zeit um 1330 bis zum frühen Cinquecento, München 1970, pp. 96-97, 109). In seguito uno studio di Francesco Traversi (Sul Maestro dei Crocifissi scapigliati e un suo epigono attivo in San Miniato al Tedesco, in “Accademia degli Euteleti”, 80, 2013, pp. 159-179) ha permesso di incrementare il corpus del maestro fino a raccogliere oltre quaranta esemplari.
Si tratta di opere, prodotte per Firenze e il contado, scalate lungo un periodo molto ampio, tra il 1480 e il 1520, eseguite da una bottega artistica al cui interno lavorarono diverse personalità, ma il cui marchio distintivo è ben riconoscibile nel peculiare intaglio delle capigliature, che partono dal solco marcato della scriminatura fino ad articolarsi in ciocche dalle terminazioni nervose e arruffate, declinando con una sorta di accento drammatico, quasi transalpino, i moduli tipici della produzione delle principali botteghe fiorentine di crocifissi.
L’opera in esame costituisce una delle testimonianze qualitativamente più elevate di questa produzione e uno dei rari casi all’interno del corpus del maestro in cui il dialogo con i protagonisti della scena fiorentina sembra farsi più solido e concreto. Pur mantenendo infatti la peculiare cifra nella caratterizzazione del volto e nella definizione della capigliatura a ciocche intrecciate, che lo lega fermamente all’esemplare conservato presso il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze - opera che Traversi colloca in una fase dello scultore tra il 1495 e il 1505 - o nella modellazione vibrante ed esuberante del perizoma in tela gessata, il Cristo spicca per una inusuale, elegante complessione delle membra, molto snelle e ben tornite, per una più raffinata e pacata modulazione muscolare e tendinea del torso, non tormentato da guizzi drammatici, in cui un ruolo portante sembra averlo giocato il dialogo con i piccoli Crocifissi scolpiti da Giuliano da Sangallo (G. Gentilini, in Proposta per Michelangelo giovane, catalogo della mostra di Firenze, a cura di G. Gentilini, Firenze 2004; G. Amato, Op. cit. p. 322, n. 11.4).
G.G – D.L.