Pietro degli Ingannati
(documentato a Venezia tra il 1529 e il 1548)
SACRA CONVERSAZIONE IN UN PAESAGGIO
olio su tavola, cm 118x176
THE HOLY FAMILY WITH SAINTS IN A LANDSCAPE
oil on panel, cm 118x176
Al retro, iscritto “Palma Vecchio/De la Gallerie Soranzo/de Venise”
Provenienza
Venezia, galleria Soranzo; Londra, collezione privata; Londra, Christie’s, 18 dicembre 1931, lot 41; Firenze, collezione Luigi Grassi (1970).
Bibliografia
G. Gronau, L’ultimo belliniano, in “L’Arte” 1933, pp.421-22 e nota 3; ill. a p. 419, fig. 5; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Venetian School, Londra 1957, I, p. 92, fig. 620; P. Caccialupi, Pietro degli Ingannati, in “Saggi e Memorie di Storia dell’Arte” 11, 1978, pp. 27-28 e note 28, 29; p. 35; fig. 15; F. Heinemann, Giovanni Bellini e i Belliniani. III. Supplemento e Ampliamenti, Hildesheim – Zürich – New York 1991, p. 41, S 150 bis; fig. 76.
Riaffiora qui dopo quasi novant’anni un capolavoro di Pietro degli Ingannati: venduto in asta a Londra nel 1931 e mai più comparso sul mercato dell’arte è stato tuttavia ripetutamente citato negli studi sul pittore a partire da quell’unica occasione.
In catalogo da Christie’s come opera di Palma il Vecchio, il dipinto fu infatti riconosciuto da Georg Gronau come opera di Pietro degli Ingannati e riprodotto nel saggio ampiamente illustrato che due anni dopo lo studioso tedesco dedicò alla restituzione dell’artista veneziano. L’attribuzione fu accolta da Berenson, cui si deve una prima proposta di catalogo, e confermata dagli studi successivi, in primo luogo dal lungo articolo di Paola Caccialupi comprendente una nuova disamina di fonti e documenti oltre che un catalogo completo, a partire dalle quattro tavole firmate per esteso da Pietro degli Ingannati, già note in precedenza grazie agli studi citati.
I documenti raccolti dalla studiosa accertano la presenza del pittore a Venezia e la sua attività professionale dal 1529 al 1548, data della sua ultima opera firmata. La probabile formazione nella bottega di Giovanni Bellini, morto nel 1516, e la datazione delle sue prove più antiche fra il 1505 e il 1510 lasciano supporre che Pietro degli Ingannati fosse nato nell’ultimo ventennio del Quattrocento, mentre l’assenza di notizie dopo il 1548 suggerisce di collocare la sua morte intorno alla metà del secolo. Il fatto poi che, sebbene attivo dal primo decennio del secolo egli non risulti iscritto alla Fraglia dei Pittori fino al 1530 induce a postulare una nascita in “terraferma” e una sua prima attività oltre i confini lagunari.
Definito da Gronau “l’ultimo pittore belliniano” Pietro degli Ingannati mantiene come riferimento costante le opere tarde del grande maestro veneziano, condividendone l’interpretazione proposta dal condiscepolo Francesco Bissolo con cui tra l’altro è stato confuso: una scelta poco attuale, alla metà del Cinquecento, ma opportunamente aggiornata nel corso degli anni Venti grazie a uno sguardo più attento alla produzione di Palma il Vecchio, a cui non a caso il nostro dipinto era attribuito. Da Palma derivano appunto le sue opulente figure femminili dai capelli biondi e ondulati, oltre alla scelta di colori brillanti e complementari che, richiamandosi a distanza, contribuiscono a definire l’impianto spaziale delle sue composizioni.
Gli splendidi brani paesistici che fanno da sfondo alle Sacre Conversazioni di Pietro degli Ingannati richiamano invece l’esempio folgorante di Giorgione nella sua breve parabola entro il primo decennio del Cinquecento: ed è appunto agli edifici rustici sullo sfondo del Concerto Campestre che si rifanno quelli a destra nel nostro dipinto.
Ritenuta all’unanimità uno dei vertici della produzione di Pietro degli Ingannati intorno al 1527, la tavola qui presentata – eccezionale anche per dimensioni oltre che per la smagliante conservazione – fu replicata dall’autore o più verosimilmente dalla sua bottega in una serie di composizioni che ne derivano, con minime varianti nella scelta dei santi e nella loro iconografia. Tra queste, la tavola di ignota ubicazione riprodotta dalla Caccialupi (1978, cit., fig. 15) e quella già in collezione Melli (ibidem, fig. 23). A queste si aggiunge una replica modesta in asta a Londra da Sotheby’s nel 2013, che ne ripete l’impianto con una figura in meno.
La provenienza dalla galleria Soranzo di Venezia, non altrimenti documentata, è riportata dall’iscrizione al retro della tavola e ripetuta nel catalogo di vendita Christie’s del 1931, cui si riferisce anche il codice alfanumerico al retro. Un dipinto attribuito a Palma il Vecchio corrispondente al nostro per descrizione fu venduto a Cheltenham nel 1859, dalla collezione di Lord Northwick.