Paul Cézanne
(Aix-en-Provence 1839 - 1906)
LE HÊTRE
1883-1885
matita e acquerelli su carta
mm 280x280 (foglio intero mm 313x478)
sul retro: cartigli della vendita Collection Lucien Guiraud, etichetta della Improvvisazione Prima Galleria d’Arte di Rovereto
LE HÊTRE
1883-1885
black chalk and watercolour on paper
11 by 11 in (total size of the sheet 12 3/16 by 18 13/16 in)
on the reverse: labels of the sale Collection Lucien Guiraud, label of the Improvvisazione Prima Galleria d’Arte, Rovereto
L’opera è corredata di attestato di libera circolazione.
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Provenienza
Paris, eredi Paul Cezanne
Paris, Galerie Bernheim-Jeune
Paris, collezione Lucien Guiraud,
Hotel Drouot, Paris, Collection Lucien Guiraud, 14 – 15 giugno 1956, n. 17, pl. IV.
Paris, Galerie Pierre (Loeb)
Hannover, collezione Mr. e Mrs. Boris Leavitt,
Christie’s, New York, Impressionist and Modern Paintings, Drawings and Sculptures, 14 novembre 1996, n. 121
Rovereto, Improvvisazione Prima Galleria d’Arte
Esposizioni
Cézanne, Montross Gallery, New York, 1 – 31 gennaio 1916, n. 32.
Bibliografia
L. Venturi, Cézanne: son art, son oeuvre, Paris 1936, vol. I, p. 264, n. 995; vol. II, p. 298, n. 995.
J. Rewald, Paul Cézanne: the Watercolours. A Catalogue Raisonné, Boston – London 1983, pp. 125-126 n. 165.
The Paintings, Watercolours and Drawings of Paul Cezanne, catalogo digitale a cura di W. Feilchenfeldt, J. Warman e D. Nash, n. FWN1123 TA.
Infastidito dalla movimentata e caotica Parigi, Cézanne sentì spesso l’esigenza di rientrare al Sud della Francia e immergersi nei boschi della sua regione d’origine, la Provenza, passando giornate solitarie in completa devozione verso la natura, cercando di coglierne le multiformi e mutevoli transizioni di luci e colori. A questi periodi provenzali, tra il 1881 e il 1888, alternò anche frequenti escursioni fuori Parigi, nella foresta di Fontainebleau, nella Val-d’Oise, a La Roche-Guyon, in compagnia di amici e colleghi come Renoir. Nel corso di questi soggiorni nel nord francese, sulla sua tavolozza si attenua la luce brillante tipica delle sue scene meridionali, lasciando spazio a tonalità generali più calde, cupe e verdeggianti. L’acquerello, che sempre maggior preponderanza aveva assunto nella produzione di Cézanne, arriva a rappresentare in questi anni l’ultima matura espressione della sua arte. A differenza dell’olio, infatti, questa tecnica gli offriva soluzioni più varie e valide nella resa attenta degli sfuggenti effetti di traslucenza del dato naturale. Nel descrivere il suo personale metodo di lavoro, Émile Bernard chiarì quanto l’uso dell’acquerello da parte di Cézanne fosse estremamente complicato e diverso dal procedimento tradizionale, in quanto basato su un principio di cooperazione armoniosa tra i colori, sovrapposti più volte col pennello mentre ancora umidi, nel tentativo di ricreare il senso volumetrico delle forme della natura (É. Bernard, in J. Rewald, Paul Cézanne: The Watercolours, A Catalogue Raisonné, London 1983, p. 37). Tal metodo è evidente anche nella nostra opera, nella quale il maestro francese, in un sunto straordinario di armonia e di sicurezza di tocco, rivolge il proprio occhio sui muschi e sulla tipica vegetazione spontanea del sottobosco, cresciuti sulla base di un faggio e sapientemente tradotti in un equilibrio delicato tra disegno e morbidi tocchi di colore. Negli acquerelli di questo periodo Cézanne arriva a rivoluzionare la struttura spaziale della composizione, interessandosi unicamente alla resa bidimensionale del motivo naturale, lasciando inoltre ampie porzioni di supporto cartaceo vergini, quasi ad amplificare l’atmosfera di quiete, rarefatta e cristallina.
Impatient with busy, chaotic Paris, Paul Cézanne often felt the need to return to the south of France to lose himself in the woodlands of his region of origin, Provence, and to spend days in solitary devotion to nature, attempting to capture her many and changing forms and transitions of light and colour. Between 1881 and 1888, he alternated these Provençal escapes with frequent excursions outside of Paris, to the forest of Fontainebleau, the Val-d’Oise, La Roche-Guyon, in the company of such friends and colleagues as Auguste Renoir. During these sojourns in northern France, the brilliant light typical of his southern scenes was attenuated, leaving space on his palette for darker and more verdant colours. As time went by, watercolour became more preponderant in Cézanne’s production and in those years represented the last expression of his mature art. Differently from oils, the technique offered the artist more varied and valid solutions for realising his careful renderings of the fleeting effects of translucence he saw in nature. When he described Cézanne’s personal working method, Émile Bernard clarified how the painter’s use of watercolour was entirely different from the usual practices and of an extreme complexity, since it was based on a principle of harmonious cooperation among the colours, laid on one over the next in successive touches while still wet in an attempt to recreate the volumetric sense of the forms of nature (É. Bernard, in J. Rewald, Paul Cézanne: The Watercolours, A Catalogue Raisonné. London 1983, p. 37). This method is apparent in our work, in which the French master turns his eye to the mosses and the typical spontaneous vegetation of the forest floor grown up around the base of a beech tree and skilfully translates them into a delicate balance poised between line and whispers of soft colour. In his watercolours of this period, Cézanne revolutionised the spatial structure of the composition, focusing solely on the two-dimensional rendering of the natural motif; he also left large portions of the paper support untouched, as though to amplify the atmosphere of rarefied and crystalline quiet.