Raffaello Sorbi
(Firenze 1844 - 1931)
CIMABUE
1919 circa
firmato in basso a destra
olio su tavola
cm 10,8x9,1
sul retro: ceralacca
CIMABUE
circa 1919
signed lower right
oil on panel
4 3/16 by 3 9/16 in
on the reverse: wax seal
Bibliografia
A. Parronchi, Raffaello Sorbi, Firenze 1988, p. 116.
I contemporanei di Cimabue, maestro di Giotto, lo ricordavano vestito di bianco e Andrea di Bonaiuto, nel Cappellone degli Spagnuoli o Capitolo della chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, lo aveva raffigurato con un corto mantello bianco, cappuccio in testa, camicia, calzamaglie e scarpe ugualmente bianchi. Raffaello Sorbi, accingendosi alla realizzazione della tela Giotto e Cimabue (1919), di cui questa tavoletta e lo studio, ne riprende l’iconografia. Pittore fiorentino, la sua produzione artistica si colloca tra secondo Ottocento e gli anni Venti del Novecento ed è fortemente caratterizzata da continui richiami di gusto settecentesco, medievale o addirittura pompeiano. Ricordato tra i migliori allievi della Scuola libera di nudo - estesa in verità a ogni tema pittorico -, inaugurata a Firenze nel 1859 dal pittore ticinese Antonio Ciseri come complemento di quella accademica, il giovane Sorbi si era presto distinto vincendo, nel 1861, il concorso triennale indetto dall’Accademia di Belle Arti con un lavoro che, a detta di Telemaco Signorini ≪fece credere alla vecchia Firenze che i miracoli dell’arte del quattrocento si rinnovassero≫ (T. Signorini, Come l’assenza della critica isterilisca gl’ingegni. Dei quadri del signor Raffaello Sorbi, in “Gazzettino delle Arti del Disegno”, a. I, n. 8, 9 marzo 1867). L’artista dimostrava effettivamente di possedere un grande ingegno e una notevole abilità pittorica che subito suscitarono l’interesse di numerosi estimatori. Nella tavoletta, vediamo Cimabue raffigurato a figura intera, che si avvicina alla pietra su cui il giovane Giotto ha eseguito la famosa O. Con la mano sinistra appoggiata sul fianco e la destra che stringe la corda a cui, nella tela e legato il cavallo, il pittore accenna a piegare il capo verso il terreno. Questa stessa impostazione la ritroviamo nel dipinto con, ai piedi di Cimabue, il giovane Giotto attorniato dalle sue pecore.
The contemporaries of Giotto’s master Cimabue recalled him dressed in white and Andrea di Bonaiuto, in the Cappellone degli Spagnoli or Chapter Room of Santa Maria Novella in Florence portrayed him thus, wearing a short white cloak, the hood over his head, a shirt, hose and shoes, all just as white. Raffaello Sorbi copied this iconography in his Giotto e Cimabue (1919), for which this small panel is a study. The Florentine painter Sorbi worked from the latter half of the 1800s through the 1920s; his work is always strongly characterised by references to 18th-century, medieval, and even Pompeian art. Remembered as one of the top students at the Scuola Libera del Nudo – in truth, a school of life drawing of all sorts – inaugurated in Florence in 1859 by Ticinese painter Antonio Ciseri as a complement to the academic courses, young Sorbi distinguished himself early on and won an award at the Florentine Triennale contest of 1861 with a work which, to paraphrase Telemaco Signorini, made the Florentine old guard believe that the miracles of 15th-century art had returned (T. Signorini, “Come l’assenza della critica isterilisca gl’ingegni. Dei quadri del signor Raffaello Sorbi” in Gazzettino delle Arti del Disegno, yr. I, no. 8, 9 March 1867). Sorbi, in fact, demonstrated that he possessed great ingenuity and a considerable pictorial ability which immediately aroused the interest of numerous admirers. In the small panel, a full-length Cimabue approaches the stone on which the young Giotto drew the famed O. With his left hand resting at his waist and the right holding the cord to which, in the canvas, the horse is tethered, he bends his head toward the ground. The same gesture is repeated in the canvas, in which, however, the young Giotto is portrayed at Cimabue’s feet, his hands resting on the stone outcrop, surrounded by his sheep.