Rediscovered Treasures Impressionists and Modern Masterpieces from a Private Collection

Milan, 
tue 29 October 2019
Live auction 315
13

René Magritte ©  
(Lessines, 1898 - Bruxelles, 1967)

René Magritte

Free Bid
€ 90.000 / 150.000
Estimate
Free Bid
Evaluate a similar item

René Magritte

(Lessines 1898 - Bruxelles 1967)

 

LA TAPISSIERE DE PÉNÉLOPE

1943?

firmato in basso a destra

gouache su carta

mm 392x583

 

LA TAPISSIERE DE PÉNÉLOPE

1943?

signed lower right

gouache on paper

15 ½ by 22 15/16 in

 

L’opera è corredata di attestato di libera circolazione.

 

An export license is available for this lot.

 

Provenienza

Paris, Hubert Goldet (dal 1970 al 1977)

 

Esposizioni

The Poetic Image, Hanover Gallery, London, 28 giugno – 9 settembre 1969.

 

Bibliografia

René Magritte. Catalogue raisonné. IV. Gouaches, temperas, watercolours and papier collés, 1918-1967, a cura di S. Whitfield, M. Raeburn, D. Sylvester, Antwerp 1994, p. 56, n. 1184.

La tapisserie de Pénélope pone sotto i nostri occhi un paesaggio idilliaco ove l’armonia della visione è profondamente contraddetta dalla abolizione della prospettiva aerea. Il dipinto adotta la medesima illusione visiva già al centro del Le Traité du Paysage (Withfield, Raeburn, Sylvester, René Magritte. Catalogue Raisonné, IV, Gouaches, Temperas, Watercolours and Papiers Collés 1918-1967, Anversa 1994, n. 1183, pp. 55-56), opera che appartenne al poeta e scrittore belga Paul Nougé (Bruxelles 1895-1967), tra i fondatori del gruppo surrealista a Bruxelles insieme a Magritte. Durante l’ideazione di Le Traité du Paysage, nell’estate del 1942 Magritte e Nougé discussero insieme del soggetto del quadro in alcune lettere. Proprio nel 1943, anno di realizzazione della nostra gouache, Paul Nougé pubblicò un volume che conteneva diversi testi scritti su Magritte sin dal decennio precedente: René Magritte ou les images défendues. Ricordiamo come Nougé, nel suo lavoro sulla sintassi e sulla lingua, sulle sue ambiguità, assonanze, e accostamenti, pervenisse alla teorizzazione degli “oggetti sconvolgenti” (objets bouleversants), condividendo l’aspetto fondamentale dell’estetica surrealista di Magritte. Questi infatti congegnava delle visioni ambigue e illusorie, che avrebbero dovuto colpire lo spettatore inducendolo ad uno shock sensoriale, provocato dalla messa in crisi del suo abituale orientamento percettivo, per portarlo così ad una riflessione innescata dal dubbio e dall’interrogativo sospeso. Il dipinto Le Traitè du Paysage, di cui la nostra gouache rappresenta una variante, fu oggetto di uno scambio di opinioni tra il pittore e il poeta, che prese parte con interesse alla definizione del soggetto del quadro. Magritte affermava che lo spettatore, secondo l’abituale percezione visiva, era chiamato a concentrare la sua attenzione simultaneamente sul primo piano e sul fondo del dipinto. E l’artista si proponeva di innescare all’interno di questa abitudine un vero e proprio paradosso percettivo. Traité du Paysage, dalla cui concezione discende anche La tapisserie de Pénélope, infatti, e la rappresentazione di un sereno paesaggio campestre, in cui alberi e case in progressiva e digradante grandezza accompagnano lo sguardo dello spettatore verso l’estrema profondità di campo. Secondo le regole della prospettiva aerea, il fondo dovrebbe alleggerirsi e quasi rarefarsi nella lontananza e il primo piano essere ravvivato da cromie più vivide e timbrate. L’invenzione di Magritte mostra invece un primo piano con la spianata erbosa e gli alberi in posizione avanzata completamente “spenti”, virati in un azzurro cianografico, come se questa larga parte del paese, quella a noi più prossima, non fosse stata ancora toccata dall’arcobaleno vitale della luce solare. Ne La tapisserie de Pénélope anche l’acqua del piccolo fiume al di là del ponticello replica verso il fondo la stessa interruzione di valori, e denuncia il gioco attivato dal pittore: in primo piano appare completamente bianca, e sul fondo di un acceso azzurro, come se l’acqua che fluisce e scorre si fosse per incanto tramutata in una rigida gelata. Magritte voleva – e lo avrebbe dichiarato a Nouge – che la mente dello spettatore fosse forzata in una continua oscillazione tra due livelli tra loro incompatibili, e che fusi insieme avrebbero provocato uno stato fecondo e commisto di emozioni e di pensiero. Il mistero, la sospensione percettiva, abitualmente incorporata dall’artista all’interno dei suoi congegni compositivi fondati sull’ambiguità visiva, potrebbe risiedere in questo caso nella volontà di richiamare l’attenzione sul lavoro del pittore, sull’opera necessaria per offrire alla percezione i fenomeni che ingannevolmente splendono davanti ai nostri occhi, ma che nella realtà poggiano su una elaborata costruzione e su norme e convenzioni condivise, qui svelate perché contraddette (l’assenza della prospettiva aerea). Il titolo allusivo alla “tela di Penelope” integra nell’opera il significato del fare e disfare. Ma altri significati si addensano, quali l’avvicendarsi delle stagioni, ma non secondo un ritmo naturale, piuttosto per un improvviso inverno che spenga i colori nella zona più prossima all’osservatore, e contenere quasi un significato morale, esistenziale (siamo in periodo di guerra). ≪Tutto avviene nel nostro universo mentale≫ affermava Magritte. E tale definizione abbraccia nella sua totalità ogni aspetto della esperienza umana: ≪i sensi, i sentimenti, la ragione, l’immaginazione, l’intuizione, gli istinti e ogni altro mezzo≫.

 

La tapisserie de Pénélope places before our eyes an idyllic landscape in which the harmony of the view is thoroughly contradicted by inversion of aerial perspective. The painting makes use of the same visual illusion seen previously in Le Traite du Paysage (Withfield, Raeburn, Sylvester, René Magritte. Catalogue Raisonne, IV, Gouaches, Temperas, Watercolours and Papiers Colles 1918-1967. Antwerp 1994, pp. 55-56, no. 1183), a work that belonged to Belgian poet and writer Paul Nougé (Brussels, 1895-1967) who, with Magritte, was among the founders of the Belgian Surrealist group. In the summer of 1942, during the conceptual phase of work on Le Traité du Paysage, Magritte and Nougé discussed the subject of the painting in an exchange of letters. In 1943, the year our gouache was painted, Nougé published a volume containing various texts written about Magritte in the preceding decade, entitled René Magritte ou les images defendues. We should recall how, in his work on syntax and language, on their ambiguities, assonances and parallels, Nougé came to theorise “disturbing objects” (objets bouleversants), and so to share the fundamental assumption of Magritte’s Surrealist aesthetic. The painter assembled ambiguous, illusory visions intended to produce a sensory shock in the spectator by throwing his habitual perceptual orientation into crisis to lead him to a reflection triggered by doubt and lack of any resolution to his questions. Le Traité du Paysage, of which our gouache is a variant, was at the centre of an exchange of opinions between the painter and the poet, who took a lively interest in defining the subject of the work. Magritte believed that the spectator’s habitual mode of perception led him to concentrate his attention on the foreground and the background of the painting simultaneously. And proposed to turn this habit into a trigger for a true perceptual paradox. Le Traité du Paysage, the concept of which is replicated in La tapisserie de Pénélope, is much like its successor, a representation of a serene country landscape in which trees and houses in progressive and degrading perspective accompany the eye into the extreme far field. According to the rules of aerial perspective, the background should lighten and “weaken” in the distance and the foreground should be enlivened by more vivid, textured colours. Magritte’s invention instead shows us a foreground with an expanse of lawn and the forwardmost trees completely “extinguished”, rendered in a cyanographic light blue as though this considerable portion of the town, that closest to us, had not yet been touched by the life-giving rainbow of sunlight. In La tapisserie de Pénélope, even the water of the stream that runs under the small bridge repeats this inversion of values and reveals Magritte’s ploy: in the foreground, the water that flows bright blue in the background appears to be entirely white, as though it had been suddenly, magically transformed by a hard frost. Magritte told Nougé that he wanted to force the spectator’s mind to continually oscillate between two seemingly incompatible levels which, if successfully fused, would give rise to a fecund state permeated by emotions and thought. The mystery, the suspension of normal perception habitually incorporated by the artist into his composite, visually ambiguous “devices” could in this case reside in a desire to draw attention to the work of the painter, to the work required to offer to our perception phenomena that shine deceptively before our eyes but which in reality rest on an elaborate construction and on shared conventions, here unveiled because they are contradicted (by the inversion of aerial perspective). The title, with its allusion to Penelope’s weaving, adds a sense of endless making and unmaking. But other meanings also crowd in, such as the changing of the seasons not according to a natural rhythm but rather due to a sudden winter that drains the colours of the area closest to the observer and would seem to contain a sort of moral, existential warning. The painting dates to the war years. «Everything takes place in our mental universe», Magritte wrote. «By mental universe we of course mean everything we can perceive through the senses, feelings, imagination, reason, revelation, dreams or any other means».