Francesco Camarda
(Palermo 1886 - 1962)
AUTORITRATTO
carboncino rialzato a biacca su carta, cm 54x39, senza cornice
SELF-PORTRAIT
charcoal heightened with white on paper, 54x39 cm, unframed
Nel cammino dell’arte si incontrano uomini che, anzi che al proprio tempo, sembrano legati al gusto di dopo, di cui appaiono come lontani precursori. Dicevo sembrano, ma si tratta invece di un gravissimo errore, il quale, purtroppo, ha governato e governa ancora una falsa costruzione della storia dell’arte. Un’opera, riguardata veramente sul piano storico, cioè fuori delle assurde necessità di questo o quell’altro gusto di moda, non potrebbe appartenere che al suo proprio tempo, al sentimento particolare di chi l’ha prodotta, ne è anzi la più schietta espressione; e soltanto per questa assoluta identità fra la persona dell’artista e la sua concezione è possibile una sopravvivenza: cioè l’eternità e universalità dell’arte.
Camarda è un artista che, per essere stato fedele veramente al suo genio e alla sua coltura, è già nel futuro. La sua attività, maturata e cresciuta fuori di ogni polemica e confusione attuale, non ha altra finalità oltre quella di esprimere con chiarezza, quasi per liberarsene nella più pura contemplazione, il mondo delle sue passioni e dei suoi sentimenti. Evidentemente i sensi e le idee, nel mondo della pittura, non potrebbero essere altro che linee, colori, che non hanno altra storia fuori del loro misterioso ma spontaneo nascere da una fantasia incoercibile operante e produttiva.
Il problema critico dell’arte di Camarda è perciò quello di comprendere volta a volta nello svolgimento delle sue varie espressioni quanto di nuovo e di caratteristico le rende interessanti e universali. Egli è certamente uno dei più forti e dei più espressivi disegnatori del nostro tempo. Credo che proprio in questa sua forza disegnativa, che penetra, scopre ed illumina l’essenza delle cose offerte dal mondo alla sua fantasia, sia da cercare la qualità centrale, il segreto della struttura più attiva delle sue immagini. I suoi spazi, ben lungi da essere postulati metafisici o astratti concetti geometrici, pongono e risolvono in efficaci prospettive, con sapienza di chiaro-scuro, le palpebre di un bimbo, le gambe di una capretta, il seno verginale di una donna.
Egli non ha bisogno di trasformare, di esagerare, di deformare, come si dice nel linguaggio di moda. Egli sa per istinto e per chiara coscienza che ogni forma è quello che è; non può essere diversa; e che appunto per ciò è veramente unica, nuova e originale; e che solo per le sue naturali e insuperabili condizioni si può prestare alle più infinite possibilità di interpretazione. Perciò il miglior modo di comprenderla (che non è che l'espressione stessa) non è certamente quello di gonfiarla o di sgonfiarla, di allungarla o di scorciarla; di costringerla entro esigenze geometriche, che non sono che un apriori della nostra mente oramai, dimenticato nella forma offerente di una esistenza attuale. Né valgono meglio tutte le esperienze emblematiche e decorative, le quali dimostrano soltanto che chi non sa vedere nella loro evidenza in carne ed ossa (per usare un termine fenomenologico) togliendola arbitrariamente dalla loro viva concretezza, non può produrre che immagini artificiose, senza cordialità e senza vita, e perciò senza storia.
Dicevo storia ma nel senso più profondo e più personale: storia in quanto vitalità e autenticità. La storia di Camarda non è che la sua stessa arte in quanto esperienza sempre più profonda e cosciente del suo stesso linguaggio. In questa sua lingua è facile avvertire qualche accento della più ricca tradizione pittorica meridionale da Palizzi a Mancini, ma la struttura di essa non conosce che una sola dialettica chiara ed efficace: l’amore insaziato e quasi sensuale della natura e il bisogno di chiarezza e di umana comunione. Ma nell’arte egli ha saputo frenare e contemplare la sua stessa innata vitalità, sciogliendola e acquietandola in superbo equilibrio di forme e di rapporti tonali. Egli ha saputo cercare nello sguardo e nel gesto delle persone che ha conosciuto (dalla gente del popolo agli uomini più eccellenti) la più schietta e particolare umanità; ha saputo resistere al dilagare di tutti i manierismi fino al punto di rinunziare qualche volta a ciò che poteva essere utile alla sua stessa vita pratica. Perciò il suo mondo pittorico, sia che balzi vivo dagli aspetti degli uomini e delle cose attuali, sia che questi egli arricchisca di mitici richiami alla più antica classicità, è sempre vibrante, immediato, senza infingimenti e senza pose: autentico, e perciò veramente attuale e storico.
da M. Guerrisi (a cura di), Francesco Camarda, Palermo 1960