GUY HARLOFF
(Parigi 1933 - Galliate 1991)
Le principe feminin
1981
inchiostri tipografici
cm 50x54, battuta cm 35x28
The feminin prince
1981
typographic inks
50x54 cm, measurement battute 35x28 cm
Guy Harloff nasce a Parigi il 4 giugno 1933. La madre, Ida Teresa Conti, è svizzera di origini italiane; il padre, Han Harloff, olandese di origine russa nato a Java, è un ritrattista di successo della borghesia e dell’aristocrazia internazionale del tempo.
Trascorre l’infanzia perennemente in viaggio per seguire i genitori, affidato a balie e a governanti, soggiornando nei grandi alberghi di Biarritz, Deauville, Vichy, Cannes, Capri, Londra, Il Cairo, il Lido di Venezia, Budapest, ecc. E’ un giovane ribelle e pieno di rabbia. Appena adolescente, abbandona la famiglia e gli studi all’Ecole Chauveau di Parigi, dove inizia ad appassionarsi al cinema grazie a un compagno di scuola. Nella capitale francese vive di stratagemmi e di piccoli lavori saltuari e trascorre buona parte del tempo alla Cinémathèque Française di Henri Langlois. Nella capitale francese scopre inoltre una biblioteca pubblica nella zona dell’Ecole Militaire e tutte le mattine e parte del pomeriggio vi legge di tutto, da Goethe ai testi di alchimia. D’inverno è un assiduo frequentatore del Louvre.
Tornato in Italia, supera l’esame di ammissione al Centro Sperimentale Cinematografico di Roma e nel 1950 ottiene un impiego come secondo assistente sul set del film di Vittorio De Sica Stazione Termini, svolgendo di fatto le mansioni di tuttofare e figurante. Il cinema rimarrà sempre una sua grande passione, tanto che negli anni ottanta realizzerà due filmati, Petit inventaire e About Life. E’ soprattutto grazie a Doris Chase, artista americana nota per i suoi video all’avanguardia, che Harloff trova il coraggio di dedicarsi alla filmografia.
Nel 1953 si sposa a Positano con l’americana Caroline Warren Cole, ma il matrimonio si conclude poco dopo.
Nello stesso anno inizia casualmente a disegnare dopo aver trovato una scatola di pastelli appartenuta a suo padre, comprendendo ben presto che la pittura sarà la sua vera vocazione. All’epoca Harloff è spesso squattrinato e fatica a trovare perfino i soldi per i colori. Gli sono di grande ispirazione le ore passate con Alberto Giacometti e le sue visite a Hans Reichel. Ammira Hieronymus Bosch, che considera il più grande visionario di tutti i tempi, Goya, El Greco, Odilon Redon, Kurt Schwitters. Nei primi anni cinquanta si avvicina per un breve periodo al gruppo surrealista di Breton e Bettencourt. Autodidatta, intorno al 1953-1954 esegue i primi collages, realizzati utilizzando il materiale raccolto dalla strada (carta, sughero, legno, tessuto, ecc.). Nel 1954 tiene la prima personale alla Galleria Numero di Firenze, dove già aveva esposto in una collettiva nell’ottobre del 1953. Vive in una piccola stanza-studio in un albergo di Rue Gît-le-Coeur – negli anni a venire denominato “Beat Hotel” – frequentato da numerosi artisti della Beat Generation. E’ lo stesso Harloff a raccomandare questo hotel agli amici Peter Orlowsky e Allen Ginsberg nel 1957. Nella camera di Gît-le-Coeur, Harloff disegna centinaia di volte il suo occhio destro, divenuto poi elemento fondamentale di tutte le sue opere. Esegue disegni ininterrottamente e ovunque, al cinema, nei caffè, nei giardini pubblici. Si guadagna da vivere vendendo tappeti e oggetti d’arte africana a Saint-Ouen e, grazie a un venditore di dischi conosciuto al Marché Paul Bert, inizia a interessarsi profondamente alla musica jazz, che ascolta spesso anche nei pub e nei teatri parigini.
Negli anni del Beat Hotel frequenta Sharon Walsh, conosciuta a casa di Pegeen, figlia di Peggy Guggenheim, di cui Sharon è figliastra, e compie i primi viaggi a Milano, dove riesce a vendere alcuni dipinti.
A partire dal 1959-1960 è sostenuto sul mercato italiano da Arturo Schwarz e da Carlo Cardazzo.
Nel luglio del 1960 figura tra i partecipanti al primo vero_^ý[ýýLWýý[ý[ýý^ý[ýýLýýý]ýý[ýý^ý[ýýLWýýý][ýH[ýýý[Y[ýHHýýýHH[ýýY[_^ý[ýýLýýýýýý[[^ýýýýÝý[ýHýý NHHý[ý^ýXKýýHý]HH[ýHýHHýý[[ÚXHý[ýXýýKýX[^ýý]H[ýXýý[ýH[HýY[ýý[K[ýZ[ýH[H]X[H[ýHýý[ýHHýX[ý[ýýY[HýY[ýHý]]Hý[HXý]YH[ý[ý[[ýKýWLýLýLýLZý]WýCBýýýýý[ýýLýýý[ýýýYýH[ýýHýýý[ýHHý][ýHýXýHHXýX]H[ýýýHýý]]ýHHY[ýHý[YýýýHýýØ[H[ý][XKýý[ýýXKý]H[ý]K][XK[ý[XýýKý[ý[ýYýHýýýKýýX[ýXKýWLýLýLýLZý]WýCBýýýýý[ýýLýýýH[NMýH[NMýHýýYH[ýýXYýý[ýHýýýHýZHYýH[ýý[ýýý[ýý[ý][ýH^ýýýZYýX[ý[ýýýýýýXýýHýýýHHXýYýýýýHHZý[ýý[NMýý[NMýHýHýXý[ýýH[ýXýýýýýýYýýý[ýý[ý[ý[ýýýýHý[[ÙýýXýÈýýYYHH[ýýýKXHýÈ[ýHýX]ýXý[ý]HýýýHýýýHý[ýY[ýZýKý[ýý[ýY[ýý[ýÝ]ýýý[ýý]ýýÈ[[Ùýý[ZXýýHýÈHXýHýX[ýýH[ý][ýHYýýXýH[ýýY[ýý[ýýý[Ù[Y[ýHHýý^ý[ÙH]XýHHýYýH]Yýýý[ýßWLýLýLýLZý]WýCBýýýýý[ýýLýýýØýýý[ýÝý]ýýÈ[Z[[ýýHýXýý[ýý][ýHýý[ý[ýýYýZ]ý[HýýýýýH[ý]KýÛýý[ýHXýýXHýýýý]ý[ýXý]ýý[ýý[ýýÝý]X[HýÈHý[ýXHýý[ýHHZ[[ýýýHýýHý]H[ý]KýXý]ZýH[ýý[ýýýýýýYý[ýHýÈXYýýYH[ýýýHýýýHý[NMH[ýýý]ýýýHYýHýýýHýHTýWõýýýsC•ýýG&6ý6ý7BFý6ý7EýýýqýýýýýýýýqýýMýýýý�ý8ýýýýýýýýýýýýdýýýýUuýýýýýýýýUý|ýýyýýýeýýýýýýdýýEýýýýMýýýý9ýeýlýýýýTýýýýUýýTýýýýýýýýýýqýýýý`ýýEý|ýyýýýUTýýýUýUdýýýýýýýyýýýýdýýUý|ýýýýýýýýýýýýýýýýýqýýýý`ýýýýýýýýUýý!ýUýýýýy|ýýýýýýýýýýýýýýeýdýýMeýdýýýýýUýdýýýýýýUýýý9ýýýýýýýýýýý