ENNIO MORLOTTI
(Lecco, Como 1910 - Milano 1992)
Nudi
1967
olio su tela
cm 115x123,5
firmato e datato in basso a destra Morlotti '67
al retro residuo di cartiglio Galleria Il Milione
al retro residuo di cartiglio riportante titolo Miseria e splendore della carne - MAR
Museo d'Arte della Città di Ravenna
Naked
1967
oil on canvas
cm 115x123,5
signed and dated lower right Morlotti '67
on the reverse remains of label of Galleria Il Milione
on the reverse remains of label with exhibtion title Misery and splendor of the
flesh - MAR Museo d'Arte della Città di Ravenna
Provenienza
Collezione privata
Esposizioni
San Gimignano, 1972
Busto Arsizio, 1984
Miseria e splendore della carne - 19 Febbraio 2012 - 17 Giugno 2012- MAR
Museo d'Arte della Città di Ravenna
Bibliografia
Miseria e splendore della carne - 19 Febbraio 2012 - 17 Giugno 2012- MAR
Museo d'Arte della Città di Ravenna
R.Tassi in "L'approdo letterario", XIX n. 42, 1968, Tav. 1
M. Valsecchi, 1972, cat. tav. 149.30
S.Crespi, 1984, cat. tav. s.n.
Gianfranco Bruno, Pier Giovanni Castagnoli e Donatella Biasi, Ennio Morlotti Catalogo
ragionato dei dipinti, Tomo I, p. 368 n.97
“In Cézanne c’è la sacralità della luce che divinizza ogni cosa; io vorrei fare la sacralità della carne” Ennio Morlotti - Il Tempo intervista di Mario Valsecchi
Ennio Morlotti nella sua immensa produzione improntata principalmente sul rapporto con la natura si dedica sin dagli esordi anche alla figura femminile: figure umane in contrasto e al contempo in stretto rapporto con il mondo vegetale. Corpi-paesaggi dissolti e totalmente integrati con il mondo naturale, accolti dal manto muschioso, avvolti dal groviglio di verdi prati, corpi che vengono dalla terra e alla terra ritornano. Come sottolineò Testori: “ciò che interessa di più è soprattutto la passione rivolta alla consistenza, alla carne (…) una sorta di furore belluino annoda le parti del corpo: lo slogamento delle spalle, il ribaltamento del ventre marchiano feroci lo spazio (…) la tensione ‘organica’ che scompone i corpi ma non li strappa al paesaggio, anzi ne sottolinea la compenetrazione. La figura umana nasce dalla materia non si contrappone ad essa, è un elemento indistinto in simbiosi con il paesaggio che l’accoglie. Quella di Morlotti è una pittura organica che agisce in dialettica con la materia medesima, dove è difficile distinguere le figure dal paesaggio.”
L’etichetta di “naturalista lombardo” si è rivelata sempre più, con il passare del tempo, limitata e insoddisfacente per questa figura d’artista che, pur legata al suo contesto ed alle sue radici è, per diversi aspetti, appartata e solitaria: anche nei dipinti degli anni Sessanta, dove più intimo era il suo contatto con la natura, dove il pittore si addentrava nella vegetazione, si calava “come un insetto” nel verde del fogliame, mancava totalmente una componente essenziale del naturalismo ottocentesco, cioè quella sensuale, carnale, la fisicità dell’incontro con la natura.
Marina De Stasio - La materia e la luce: l’eredità dell’informatica Milano - testo per la mostra Geografie oltre l’informale Palazzo Della Permanente 1987.
Ennio Morlotti, nato a Lecco nel 1910, nel 1917 entra nel collegio Paolo Angelo Ballerini di Seregno dove rimarrà fino al 1922. Dal 1923 per mantenersi concilia lavoro e apprendistato artistico, dapprima lavora come contabile presso un oleificio, in seguito sarà impiegato in un colorificio e poi in una fabbrica meccanica. Nel frattempo studia arte antica nelle chiese e nei musei e inizia ad interessarsi all’arte contemporanea. Nel 1936, dopo aver conseguito la maturità artistica da privatista presso l’Accademia di Brera, lascia il lavoro e si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida di Felice Carena. Studia Masaccio, Giotto e Piero Della Francesca ma rendendosi conto che le sue radici pittoriche lombarde sarebbero state deviate verso la pittura toscana abbandona presto Firenze. Nel 1937 soggiorna per un breve periodo a Parigi dove poté entrare in contatto con i grandi protagonisti dell'arte Europea: da Cézanne al Fauvismo, all'Espressionismo di Soutine e di Rouault. All'Exposition Universelle de Paris vide l'opera di Picasso Guernica rimanendone fortemente impressionato.. Nel 1939 entra a far parte del gruppo dei pittori di Corrente con Ernesto Treccani, Renato Guttuso, Renato Birolli e Bruno Cassinari, rivelandosi ben presto il più estremista del gruppo. Dopo un secondo soggiorno a Parigi, nel 1947, partecipa al Fronte Nuovo delle Arti, e dopo la scissione, aderì con Birolli e Cassinari, al Gruppo degli Otto di Lionello Venturi. I soggetti più riprodotti dall'artista sono i paesaggi, le nature morte e gli studi di figura. Negli anni '50 produce alcune tra le opere capitali dell'arte informale, non solo italiana, ma anche europea, sicuramente collegate all'esperienza di autori quali Wols, Fautrier, De Stael, ma anche Pollock e De Kooning. La Biennale ospitò numerose volte le sue opere, nel 1950, nel 1952 assieme al Gruppo degli Otto, nel 1954 con una sala presentata da Giovanni Testori (distruggendo le opere esposte subito dopo), nel 1962 vincendo il premio (ex equo con Capogrossi) riservato a un artista italiano, nel 1964 all'interno della sezione "Arte d'oggi nei musei", nel 1972 con una sala personale, nel 1988 con un'altra personale nel padiglione dedicato all'Italia e nella sezione dedicata alla rassegna "Il Fronte nuovo delle Arti alla Biennale del 1948". Muore a Milano nel 1992.