ENRICO BAJ
(Milano 1924 - Vergiate (VA) 2003)
Testa
1975
acrilico, assemblage di tessuto, passamaneria, tappi Campari su tavola
cm 24x18
firmato in basso al centro
Head
1975
acrylic, fabric assemblage, passementerie, Campari caps on board
24x18 cm
signed lower centre
Provenienza
Galleria Gissi, Torino
Collezione privata
Bibliografa
Enrico Baj. Catalogo generale delle opere dal 1972 al 1996, Marconi-Menhir, Milano 1997, p. 213 n. 1876
“In un momento come l’attuale dove assistiamo all’esplodere di una minaccia che nega ogni umorismo la grande opera di Baj costituisce una sicura esortazione a prendere di petto gli errori e le pecche dell’umanità.”
Gillo Dorfles.
Con questa affermazione ora più che mai contingente, Dorfles delinea il significato profondo del lavoro di Enrico Baj, che, a partire dagli Anni Cinquanta con la sua adesione al Movimento Nucleare, si dedicò assiduamente alla critica tagliente della società moderna, servendosi del paradosso, dell’assurdo e dell’ironia, nonché le uniche arme di difesa rimaste all’umanità.
Le sue opere sono un’incessante satira rivolta ad una contemporaneità sempre più schiava della tecnologia, mutilata man mano della sua vitalità immaginista, e dominata dalla tecno-scienza.
Ma, a differenza di Dix e di Grosz, che per raggiungere il loro scopo si affidavano alla deformazione caricaturale, l’artista milanese decise di operare tramite una generalizzazione, sintetizzando la folla o follia nell’individuo e l’individuo nella maschera, “persona” o personaggio. E così nel ‘73 approccia il primo ciclo di Personaggi, tralasciando momentaneamente l’utilizzo della pittura e soffermandosi sulla riflessione circa l’estetica degli oggetti, e sulla loro valenza ornamentale e decorativa. Dal ‘74, dopo aver realizzato Nixon Parade, torna ad occuparsi di questa serie, di cui fa parte l’opera qui presentata. In questa seconda fase la presenza del colore riappare prepotentemente accanto a medaglie, strass e tappi e tessuti che concorrono alla creazione bidimensionale e mostrificata di teste e mezzi busti, ovvero di quelle parti del corpo che raffigurano nell’immediato il carattere e l’espressività del soggetto. Si manifesta definitivamente la vena ludica con cui questi quadri vengono eseguiti, il piacere puro di fare pittura tramite ogni mezzo e materiale, senza mai abbandonare però il potere sociale e salvifico dell’arte.