Cristoforo Terzi
(Bologna 1690/95 – 1743)
AUTORITRATTO
olio su tela, cm 126X94
SELF PORTRAIT
oil on canvas, cm 126x94
Oltre il davanzale di una finestra si apre lo studio di un pittore: uno spazio esiguo in una casa modesta, si direbbe, a giudicare dalla parete in mattoni non intonacata e dalla mostra in pietra sbrecciata. Più che di una condizione sociale sono però gli indicatori della abilità del pittore nel fingere, quasi in un trompe-l’oeil, la cornice adeguata alla propria apparizione mentre, avvolto nelle pieghe di un mantello, impugna gli strumenti della sua professione.
Oltre la paletta inclinata, il poggiamano conduce lo sguardo a una grande tela preparata in attesa di un’immagine: forse proprio quella che anticipa una carta appuntata al vertice della tela, in cui sembra poter riconoscere una figura femminile (la Maddalena penitente?) visitata da un angelo.
Alle spalle del pittore, frammenti di scultura o più verosimilmente calchi in gesso ci parlano dei suoi interessi eruditi, evidente motivo di distinzione.
Un ritratto che si vorrebbe spontaneo, nella posa del soggetto colto a capo scoperto e apparentemente di sorpresa, quasi lo avessero chiamato dalla strada interrompendolo nel lavoro, e invece sapientemente calcolato nella messa in scena del suo protagonista.
Una traccia inattesa per la sua identificazione ci viene dal confronto con l’Autoritratto di Cristoforo Terzi nella raccolta degli Uffizi (inv. 3364), identificato da un cartiglio al retro; acquisito nel 1768 con la collezione Pazzi, proveniva da quella di Tommaso Puccini, ricca di opere bolognesi (S. Meloni Trkulja, La collezione Pazzi (autoritratti per gli Uffizi): un’operazione sospetta, un documento malevolo, in “Paragone” XXIX, 1978, 343, p. 120; G. Leoncini, Antefatti della collezione Pazzi, ibidem, 345, pp. 103-118).
Sebbene volto in direzione opposta e presentato in maniera convenzionale, il soggetto di quel dipinto appare infatti sovrapponibile al nostro nei lineamenti fortemente caratterizzati.
Le uniche notizie sull’artista si devono alle note di Giampietro Zanotti (Storia dell’Accademia Clementina… 1739, III, pp. 167 e 373) che lo ricorda tra gli allievi di Aureliano Milani, e alla “vita” più circostanziata di Luigi Crespi (Vite de’ Pittori bolognesi, non descritte nella Felsina Pittrice, Bologna1769, pp. 301-302), da cui una citazione del Lanzi. Cristoforo Terzi si sarebbe dunque formato a Bologna, allievo di Francesco Monti, Aureliano Milani e, più a lungo, di Giuseppe Crespi sviluppando un talento particolare nelle mezze figure e nelle “teste di carattere” ricercate da molti collezionisti, una notizia confermata dal regesto di Oretti che censisce numerose sue opere in raccolte private. A Roma per dodici anni a partire dal 1724, avrebbe sviluppato un forte interesse per la classicità e particolare competenza nel campo delle medaglie antiche, divenendo “più antiquario che pittore”, un’inclinazione coltivata anche dopo il ritorno a Bologna.
Non a caso, sebbene oggi sia difficile verificare la proposta, gli è stato attribuito un altro ritratto esposto a suo nome nel 1911 (Mostra del ritratto italiano da Caravaggio a Tiepolo, Firenze (1911) 1927, p. 123 e tav. XVIII) raffigurante un collezionista di antichità, forse il pittore stesso.