Pittore Altichieresco
(attivo a Padova tra il XIV e l’inizio del XV secolo)
I SANTI DANIELE E PROSDOCIMO; SANTO STEFANO; SAN LORENZO E UN ANGELO
tre dipinti a tempera su tavola, cm 88,5x53; 90x49,5; 90x49,5
Bibliografia
Prima Mostra d’Arte Antica delle Raccolte Private Veneziane, catalogo della mostra a cura di A. Riccoboni, Venezia 1947, p. 17, cat. 2.
Esposizioni
Prima Mostra d’Arte Antica delle Raccolte Private Veneziane, 1947.
Esposta alla Prima Mostra d’Arte Antica delle Raccolte Private Veneziane con un’attribuzione a Nicoletto Semitecolo (vedi bibliografia), che emendava un riferimento tradizionale a Nicolò di Pietro, la tavola raffigurante i santi Daniele e Prosdocimo mostra una vicinanza tanto stretta al linguaggio di Altichiero, da rammentare subito le opere di maestri di solida formazione altichieresca, come Antonio di Pietro e Jacopo di Silvestro da Verona, attivi a Padova tra Tre e Quattrocento (su Nicolò di Pietro, cfr. A. De Marchi, Per un riesame della pittura tardogotica a Venezia: Nicolò del Paradiso e il suo contesto adriatico, in “Bollettino d’Arte”, LXXII, 1987, 44-45, pp. 25-66; su Jacopo di Silvestro e su Antonio di Pietro si vedano: M.L. Massini, Jacopo da Verona, ad vocem, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 62, Roma 2004; F. Piccoli, Jacopo di Silvestro (Jacopo da Verona), ad vocem, in Altichiero e la pittura a Verona nella tarda età scaligera, a cura di F. Piccoli, Verona 2010, p. 170; A. De Marchi, Il nipote di Altichiero, in De lapidibus sententiae. Scritti di Storia dell’arte per Giovanni Lorenzoni, a cura di T. Franco e G. Valenzano, Padova 2002, pp. 99-110).
In particolare i panneggi che scendono in pieghe nette e parallele, addensandosi sul terreno in ricaschi rigidi, richiamano simili increspature inamidate che fasciano le vesti delle figure messe in opera da Jacopo nelle Storie della Vergine della chiesa di San Michele a Padova, affini anche nei capelli vaporosi e in certi profili netti e pronunciati, prossimi al santo in secondo piano nella nostra tavola.
In favore di una provenienza patavina di quest’opera parla senza equivoci l’iconografia del dipinto. Vi sono raffigurati, infatti, due dei quattro santi protettori di Padova: in primo piano Daniele è presentato con il consueto abito da diacono, qui verde scuro e dal risvolto rosso, mentre con la mano destra tiene il vessillo e con la sinistra il modellino della città di Padova, in cui si distinguono la torre degli anziani e la basilica del Santo; alle sue spalle, Prosdocimo, primo vescovo della città, è raffigurato con la barba folta, la mitria, il baculo pastorale e l’anfora con la quale, secondo la tradizione, battezzò santa Giustina, anch’essa patrona di Padova.
La posizione in netto profilo di Prosdocimo, che guarda verso destra, assicura sul fatto che la tavola costituiva il laterale sinistro di una pala d’altare smembrata di dimensioni contenute. A questo dipinto infatti ho avuto modo di collegare in passato altri due scomparti, che più tardi sono felicemente confluiti nella stessa collezione, consentendo così di recuperare l’unità del complesso originario. Le due tavole raffigurano rispettivamente Santo Stefano in sgargiante dalmatica rossa, con turibolo, libro, palma e sulla testa la pietra, strumento del martirio, e San Lorenzo in elegante veste diaconale bianca, che regge una piccola graticola, suo consueto attributo iconografico, e un Angelo, forse Michele, dalle lunghe ali bianche.
La comune provenienza di queste tre tavole da un unico complesso è garantita dallo stesso punto di stile, dalle dimensioni identiche (San Daniele e Prosdocimo 88 x 53 cm; Santo Stefano 89 x 50 cm; San Lorenzo e un Angelo 89 x 50 cm), come pure dalle profilature del tutto simili degli archi che scandiscono ciascun scomparto e inquadrano i personaggi - dai volti gemelli, floridi e larghi - che si stagliano dinanzi a un analogo fondo azzurro e poggiano su di una striscia di terreno, similmente scorciato, che corre in continuità in tutte le tavole.
È indubbio che al centro di questo trittico doveva esserci lo scomparto con il diacono Stefano, l’unico santo raffigurato isolato, in posizione pienamente frontale, affiancato in origine a sinistra da san Daniele e san Prosdocimo e a destra da San Lorenzo e l’Angelo. La centralità accordata al martire Stefano in quest’opera rende lecito, mi pare, proporne una provenienza da un altare o da una chiesa a lui dedicata in territorio padovano, come si deduce dalla presenza dei patroni della città. È proprio la chiesa di Santo Stefano a Padova la candidata migliore per la possibile provenienza del trittico. L’edificio, un tempo insediamento femminile benedettino, fu demolito nel Novecento per far spazio al nuovo palazzo della Prefettura padovana, detto Palazzo Santo Stefano, costruito su progetto di Vincenzo Bertelli e inaugurato l’11 novembre 1937. La probabile provenienza da Santo Stefano darebbe inoltre ragione anche della presenza di San Lorenzo in primo piano nello scomparto destro del trittico: proprio a quest’ultimo, infatti, era dedicata la chiesa, una delle più antiche della città, anch’essa distrutta nel Novecento, che si ergeva dirimpetto alla chiesa di Santo Stefano – che nel 1808 ne assorbì la parrocchia – con cui condivideva l’area antistante l’edificio, detta “corte di Santo Stefano”, probabile spazio cimiteriale utilizzato da entrambe le chiese. Non si conoscono le vicende conservative delle tre tavole, che non sono ricordate nella chiesa di Santo Stefano nella Descrizione delle pitture, sculture ed architetture di Padova: con alcune osservazioni intorno ad esse, ed altre curiose notizie di Giovambattista Rossetti, edita a Padova nel 1780 (p. 271; si veda inoltre G. Toffanin, Cento chiese padovane scomparse, Padova 1988, pp. 106-107, 174-175), data in cui il trittico poteva comunque essere stato ricoverato nella clausura del monastero o già smantellato.
Emanuele Zappasodi
Opera dichiarata di interesse particolarmente importante dal Ministero della Cultura, Segretariato Regionale per la Liguria, con decreto N. 65 del 10/6/2022 (I Santi Daniele e Prosdocimo).
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