A DISH, WORKSHOP OF MASTRO DOMENICO AND COWORKERS, CIRCA 1570
PIATTO, VENEZIA, BOTTEGA DI MASTRO DOMENICO, 1570 CIRCA
in maiolica decorata in policromia con blu di cobalto, giallo antimonio, giallo arancio, verde ramina, bruno di manganese. Sul retro iscrizione iachob in manganese; diam. cm 30, diam. piede cm 11, alt. cm 5,5
Bibliografia di confronto
A. Franco Loiri Locatelli, La chiesa di san Michele al Pozzo Bianco, n. 12-13, in “La Rivista di Bergamo”, Giugno 1998;
J. Lessmann, Italienische Majolika aus Goethes Besitz. Bestandskatalog, Klassik Stiftung Weimar, Goethe-Nationalmuseum, Stuttgart 2015, pp. 217-230;
E. K. Swietlicka, Maiolica veneziana nelle collezioni polacche. Nuove attribuzioni, iconografia, interpretazioni, in “La maiolica italiana del Rinascimento. Studi e ricerche”, Atti del convegno Internazionale, Assisi 9-11 settembre 2016, a cura di G. Busti, M. Cesaretti, F. Cocchi, Turnhout 2019, pp. 120-121
Il piatto ha profondo cavetto e larga tesa obliqua con orlo arrotondato, e poggia su un basso piede ad anello al centro del quale in corsivo in blu di cobalto è delineata la scritta iachob; il retro è listato di giallo a sottolineare le forme, ad esclusione del piede.
Il fronte del piatto, dipinto in piena policromia, presenta una scena istoriata: al centro in primo piano due personaggi vicini a un albero, sulla sinistra una quinta rocciosa e sulla destra in alto la rappresentazione di una città, mentre lo sfondo è riempito da un paesaggio lacustre con montagne dal profilo arrotondato e un cielo al tramonto.
I due personaggi, un uomo con copricapo alla turca e un angelo, sono raffigurati nell’atto di lottare tra loro, scena che fa riferimento ad uno degli episodi più difficili dell’Antico Testamento (Genesi, 32,25), quello della Teomachia, ossia la lotta tra Giacobbe e Dio: Giacobbe di ritorno da Canaa, sulla riva del fiume Jabook, combatte per tutta la notte e fino all’alba contro un misterioso avversario; sebbene ferito all'anca, alla fine ne riceve la benedizione acquisendo il nome di Israele, con il quale saranno riconosciuti i suoi discendenti.
L’opera, per stile e decoro, può essere considerata una tra le migliori interpretazioni su forme aperte della bottega di mastro Domenico, prodotto probabile di uno dei maestri che in essa vi operavano. Va ricordato che i piatti istoriati con decoro caratterizzato da uno solo o pochi protagonisti al centro della composizione, sono in genere di piccole dimensioni, mentre quest’opera, di diametro considerevole, spicca soprattutto per qualità.
Il soggetto, che deriva probabilmente dall’incisione di Bernard Salomon pubblicata da Giovanni di Tournes a Lione nel 1554 nel volume Figure del Vecchio Testamento, con versi toscani, per Damian Maraffi nuovamente composti, iliustate, è stato nel tempo variamente interpretato in ambito veneto, ed è curioso come l’espressione artistica che ci pare essere più affine sia quella fermata nell’affresco di Giovanni Battista Guarinoni d’Averana, autore del ciclo pittorico realizzato nel 1577 per il presbiterio della Chiesa di San Michele a Pozzo Bianco nella bergamasca, a testimonianza di un medesimo humus culturale.