A PAIR OF SPOUTED PHARMACY JARS, MONTELUPO, CIRCA 1620
COPPIA DI ORCIOLI, MONTELUPO, 1620 CIRCA
in maiolica decorata in policromia con azzurro, blu, verde, giallo, giallo-arancio e bruno di manganese; uno siglato sotto entrambe le anse R; l’altro iscritto sul retro entro cartiglio MONTE.LVPO; alt. cm 34,5, diam. bocca cm 11,5, diam. piede cm 12,5 (ciascuno)
Bibliografia
F. Berti, Storia della ceramica di Montelupo. Vol. III, Montelupo 1997, p. 319 nn. 207-209;
F. Berti, La farmacia storica fiorentina, i “fornimenti” in maiolica di Montelupo (secc. XV-XVIII), Firenze 2010, p. 97 figg. 80-82
La coppia di vasi apotecari presenta corpo ovoidale, imboccatura larga ed estroflessa, base con piede a disco; dai fianchi si dipartono due anse plastiche a forma di “drago”, dipinte in policromia, mentre sul fronte in alto si eleva il beccuccio per la fuoriuscita dei liquidi. L’intera superficie dei vasi è dipinta con un decoro a raffaellesche, ricco di figure anche di grandi dimensioni, interrotto sul fronte di entrambe i vasi da cartiglio rettangolare inserito in una cornice architettonica a fondo verde, riempito con le iscrizioni relative al prodotto farmaceutico in essi contenuto (SYR.DI.BETTONICA e SYR.D.CAPELVENERE).
Se l’appartenenza dei due vasi alla farmacia di Santa Maria Novella di Firenze è confermata dalla presenza ripetuta dello stemma domenicano, oltre che dall’effige di San Domenico entro medaglione ovale posta sotto il cartiglio in uno dei due orcioli, è grande l’importanza del contenitore destinato allo Sciroppo di Capelvenere in quanto sul retro riporta l’iscrizione MONTE.LVPO, elemento fondamentale per l’assegnazione dell’intera fornitura alle fornaci montelupine, ed in particolare a quella che segnava i propri vasi con la sigla R (oppure con la variante Ro), qui presente sotto le anse. Tale sigla di bottega ritorna in altri vasi destinati alla farmacia di Santa Maria Novella, quali l’utello dell’ospedale Serristori di Figline Valdarno e l’orciolo del Castello Sforzesco di Milano, entrambi datati 1620, data presumibilmente da estendere ai nostri due esemplari.
A proposito del decoro a raffaellesche, Fausto Berti sottolinea come il tessuto decorativo di questo fornimento in realtà presenti soltanto aspetti accessori in comune con i coevi e precedenti prodotti urbinati, in perfetta sintonia con la più genuina tradizione pittorica di Montelupo, attenta alle mode e al gusto dell’epoca, ma incline ad interpretarne i canoni con piglio proprio ed originale. “Figure più grandi – scrive al riguardo Berti – a volte quasi eccessive, sono dipinte ricorrendo allo spolvero singolo; ogni ritocco e riempimento figurativo è comunque eseguito a mano libera, giocato secondo l’assoluta, libera interpretazione di un canovaccio compositivo che si ispira agli affreschi tardomanieristi e barocchi su fondo bianco che ricoprono le pareti dei palazzi fiorentini, a cominciare da quello della Signoria. È la scuola dell’Allori e del Poccetti, più volte all’opera nello stesso complesso monumentale di Santa Maria Novella, a fornire il materiale figurativo ai nostri vasai”.