A BOWL, RIMINI, “PITTORE DELLA CREAZIONE DI ADAMO”, CIRCA 1570-1580
COPPA, RIMINI, “PITTORE DELLA CREAZIONE DI ADAMO”, 1570-1575 CIRCA
In maiolica dipinta in policromia. Sul retro iscrizione ganimedo; diam. cm 27, diam. piede cm 11,3, alt. cm 6,6
Comparative Bibliography
C. Ravanelli Guidotti (a cura di), Ceramiche occidentali del Museo Civico Medievale di Bologna, Bologna 1985, pp. 61-64, pp. 148-149;
R. Gresta, O. Delucca, La ceramica a Rimini nel Cinquecento. Maioliche istoriate e documenti d’archivio, Rimini 2020, pp. 84-85, n. 23.
La coppa è concava con umbone centrale appena rilevato attorno al quale si dispongono delle baccellature che terminano al bordo con strette smerlature, e poggia su un piede svasato. Sul fronte è raffigurato l’episodio mitologico del Ratto di Ganimede, come spiega anche l’iscrizione ganimedo delineata al verso, mito variamente descritto dalle fonti antiche, tra le quali Ovidio che racconta come Giove, invaghitosi di Ganimede, si trasformò in un’aquila per rapire e portare il giovano sull’Olimpo, facendone il suo coppiere. La scena si sviluppa in un paesaggio lacustre e raffigura il giovane nel momento in cui, durante una battuta di caccia, l’aquila lo rapisce destando stupore e orrore tra i compagni, tra il latrare dei cani. Probabile l’ispirazione è tratta da un’incisione che riprende il disegno eseguito da Michelangelo per il nobile romano Tommaso de’ Cavalieri nel 1532, a cui si possono associare la raffigurazione dei pastori compagni di Ganimede che increduli implorano la restituzione dell’amico. A questo proposito ci colpisce la somiglianza della posa del pastore al centro della raffigurazione con lorica, molto prossimo a una figura analoga del dipinto ora nelle gallerie Palatine a Firenze di Battista Franco, detto il Semolei (1498-1561), che rappresentando la battaglia di Montemurlo raffigura metaforicamente la glorificazione del duca Cosimo De' Medici sotto le sembianze di Ganimede rapito da Giove. Evidente comunque il rimando all’idea michelangiolesca anche nel particolare del cane che abbaia, secondo la versione virgiliana del mito con i compagni che ne implorano la restituzione (Virgilio, Eneide, V, 249-255).
L’opera è prossima stilisticamente ai prodotti delle botteghe riminesi vicine al “Pittore della creazione di Adamo”, e pertanto databile intorno al 1570-1575 ca.