A PLATE (TONDINO), DUCHY OF URBINO, CASTELDURANTE OR PESARO, 1533-1555
TONDINO, DUCATO DI URBINO, CASTELDURANTE O PESARO, 1533-1555
in maiolica dipinta in bianco sovra-smalto e policromia verde, blu arancio giallo antimonio e bruno di manganese; diam. cm 19, diam. piede cm 7, alt. cm 2,6
Comparative Bibliography
C. Ravanelli Guidotti, Thesaurus di opere della tradizione di Faenza, Faenza 1998, p. 254;
R. Gresta, Un piatto con lo stemma Mazza e qualche nota sui soprabianchi, in “Faenza”, CIII, 1, 2017, p. 46-55;
T. Wilson, The Golden Age of Italian Maiolica Painting, Torino, 2019, pp. 366-368, n. 163;
R. Gresta, P. Bonali, La maiolica pesarese nella seconda metà del Cinquecento, in “Pesaro nell’età dei Della Rovere”, vol. III.2 di “Historica Pisaurensia”, Venezia, pp. 354-355.
Il tondino ha cavetto profondo, tesa obliqua, orlo arrotondato e piede ad anello appena rilevato. Il decoro mostra al centro del cavetto un paesaggio collinare su sui si staglia uno scudo incorniciato con emblema nobiliare bipartito della famiglia Mazza di Pesaro, sormontato dalla lettera M e affiancato dalle iniziali G e P. L’orlo è ornato da una ghirlanda di piccole foglie lanceolate delineate in verde, mentre la tesa è riccamente decorata con la tecnica del bianco sopra bianco già descritta da Cipriano Piccolpasso, che nei Li tre libri dell’arte del vasaio del 1557 circa la riferisce a una tradizione urbinate. Nel ducato di Urbino, tra Casteldurante e Urbino, sono sati ritrovati frammenti databili tra il 1530 e il 1555 con questo ornato, a indicare un ambito cronologico circoscritto, ma non una bottega precisa. Gli studi più recenti portano a un’attribuzione pesarese, comprovata dalle notizie d’archivio che attestano nel 1534 il trasferimento a Pesaro di Giovanni e del fratello Bartolommeo, figli di Antonio Mazza mercante di spezie di Rimini. Probabile dunque che il servizio fosse stato commissionato in loco per la casa di Giovanni o Gasparre (“G”) Mazza (“M”) per il matrimonio con una ipotetica “P”, della quale, per ora, non è nota l’identità.
Sono noti altri piccoli piatti del servizio, di differenti misure, conservati in collezioni pubbliche e private, come ad esempio l’esemplare, privo di iniziali, del Victoria and Albert Museum (C 2262-1910) e quello, sempre senza iniziali, del MET di New York. Un altro ancora è attestato nella collezione Dreyfuss nel 1967, mentre un piattello identico è stato recentemente pubblicato ed è conservato in una collezione privata di Genova.