A DEEP OVAL DISH, URBINO, WORKSHOP OF PATANAZZI, LATE 16TH-EARLY 17TH CENTURY
VASSOIO OVALE FONDO, URBINO, BOTTEGA PATANAZZI, FINE SECOLO XVI-INIZIO SECOLO XVII
in maiolica dipinta in policromia con giallo arancio, giallo antimonio, blu di cobalto, bruno di manganese, verde ramina; corpo concavo con tesa orizzontale, poggiante su sottile piede a cercine. La trama decorativa è distribuita su tre fasce concentriche: al centro in una cornice ovale sottile decorata a piccole baccellature una figura di Baccante, con lorica annodata alla spalla, gradiente in un paesaggio campestre con in mano grandi grappoli d’uva e con una corona di grappoli e pampini sul capo; il secondo ordine interessa la balza e la tesa con una decorazione a motivo di grottesche fantastiche centrato nei punti cardinali da piccoli camei con ritratti incorniciati di forma quadrata o ovale, mentre in alto, seduti sulla cornice centrale, due putti alati sorreggono delle cornucopie; l’orlo esterno infine è decorato da una finta baccellatura. Il verso è bianco fatta eccezione per due linee gialle concentriche a rimarcare l’orlo. Il vassoio trova riscontro nella produzione della bottega urbinate dei Patanazzi, ed in particolare è stringente la somiglianza di alcuni elementi decorativi, nelle grottesche e nella stessa figura centrale, con i vassoi ovali del Servizio Contarini conservati nelle raccolte di arti Applicate del Museo del Castello Sforzesco di Milano. Anche l’uso attestato nella bottega urbinate di putti di foggia analoga ai nostri e di piccoli o grandi camei a grisaille, come ad esempio nel servizio Amor Ardet, ci confortano nell’attribuzione. Lo schema decorativo con grottesche è ampiamente condiviso in tutte le botteghe urbinati della fine del XVI secolo, ed i Patanazzi mutuano il decoro dalla bottega Fontana interpretandolo con uno stile caratteristico. Per la datazione facciamo riferimento al già citato Servizio Contarini, ma molte sono le analogie con un piatto firmato da Alfonso Patanazzi del Victoria and Albert Museum datato 1608, con cui pare condividere una certa grossolanità nel tratto pittorico. Ed è quindi questo l’arco temporale cui ci pare corretto collocare l’opera in esame; cm 38,5x29, alt. cm 5,5
Comparative literature
F. Negroni, Una famiglia di ceramisti urbinati: i Patanazzi, in “Faenza” 84, 1998, pp. 104-115;
T. Wilson, in R. Ausenda (a cura di), Musei e Gallerie di Milano. Museo d’Arti Applicate. Le ceramiche, Vol. I, Milano 2000, pp. 232-235 nn. 239-242;
C. Ravanelli Guidotti in F. Trevisani, Le ceramiche dei duchi d’Este. Dalla Guardaroba al Collezionismo, cat. della mostra, Milano 2000, pp. 30-53