IMPORTANT RENAISSANCE MAJOLICA

Florence, 
wed 2 October 2024
Live auction 1330
11

A FRANCESCO XANTO AVELLI DISH, URBINO, 1528-1529

€ 40.000 / 70.000
Estimate

A FRANCESCO XANTO AVELLI DISH, URBINO, 1528-1529

 

PIATTO, URBINO, FRANCESCO XANTO AVELLI, 1528-1529

in maiolica dipinta in policromia con arancio, giallo, verde, blu, bianco di stagno e bruno di manganese nei toni del nero, del marrone e del viola. Sul retro iscrizione vedi porzia ch'il ferro el/ fuoco affina/ historia /φ e vecchia etichetta rotonda di collezione con scritta in inchiostro nero “Xcsanto/ Avelli/ Urbino/ 1530; diam. cm 26,5, diam. piede cm 9, alt. cm 2,7

 

Provenance

Collezione Micheal J. Taylor;

Sotheby’s, Londra, 14 aprile 1981 lotto 28;

Terni, Galleria Barberini;

Roma, collezione Battisti;

Pandolfini, Firenze, 1 ottobre 2015, lotto 38;

Collezione privata

 

Literature

M.C. Villa, Riflessi della pittura di Raffello su alcune maioliche rinascimentali che illustrano la storia di Porcia, in “Ceramica Antica” XII, 2002, pp. 54-67;

C. Ravanelli Guidotti, Xanto: opere inedite o poco note, in “Faenza” XCIII, 2007, p. 76 fig. 1 a-d

 

Il piatto presenta basso cavetto e larga tesa appena inclinata e poggia su basso piede privo di anello; l’orlo sul retro mostra tre filettature a rilievo concentriche. Sul fronte è raffigurata la scena del suicidio di Porzia, figlia di Catone Uticense e moglie di Marco Giunio Bruto, uno degli assassini di Giulio Cesare, la quale alla notizia della morte del marito (42 a.C.) si uccide ingoiando dei carboni ardenti. La giovane donna è dipinta sulla sinistra del piatto, seduta su un gradino, raffigurata nell’atto di inghiottire le braci, mentre a destra un’ancella, sconvolta, cerca aiuto e in basso un cagnolino, con una piccola preda in bocca, guarda lo spettatore con fare smarrito; al centro il focolare, protagonista della composizione. La raffigurazione come di consueto trae ispirazione da più incisioni: la figura di Porzia è riconoscibile in una delle madri della Strage degli innocenti di Nicolas Beatrizet (Bartsch XIV, n. 14), mentre l’ancella è tratta dall’incisione Gli Ebrei che raccolgono la manna” di Agostino Veneziano su disegno di Raffaello, oggi perduto (Bartsch XIV, n.8); discorso analogo per l’immagine del fuoco, ricavato dall’incisione La Fortezza di Marcantonio Raimondi (Bartsch XV, n. 14). Altri piatti rivelano uguale fonte d’ispirazione, quali uno con Porzia dipinto dal pittore LU Ur e datato 1535, e un altro con legenda simile, datato 1541 e siglato con la X, ora al Victoria and Albert Museum.

Carmen Ravannelli Guidotti, che pubblicò il piatto in occasione degli atti del convegno su Francesco Xanto Avelli, propone una datazione agli anni 1528-1529, anche per la presenza della lettera Y/φ o lettera feliciana, all’uso della quale il pittore resterà fedele fino al 1530 circa, quando comincerà a firmare per esteso. A proposito del segno Y/φ si veda quanto detto da John Mallet (Istoriato-painting at Pesaro: I: The Argus Painter, in “Faenza” 66), mentre per la lettera feliciana facciamo qui riferimento a Carmen Ravanelli Guidotti (cit. 2007, p. 72), la quale ricorda come gli studi paleografici registrino questo segno come incluso tra le abbreviazioni, diffuso alla fine del Quattrocento grazie a Felice Feliciano (1443-1479).

Tra le opere affini ricordiamo un piatto con Narciso della Wallace Collection e uno registrato nell’archivio postbellico del Metropolitan Museum of Art di New York con Atteone, che condivide con l’opera precedente la fedeltà alle stesse fonti incisorie. Nella stessa serie è stato va inserito anche il piatto con Egeo (Pandolfini, Firenze, 28 ottobre 2014, lotto 38), anch’esso databile al 1528-1529, il quale mostra però un disordine compositivo che non riscontriamo nella sintassi pacata e armonica dell’opera qui presentata. Le figure di scorcio, con i volti appena visibili, sono abilmente impiegate da Xanto Avelli nella composizione dell’opera, mentre la tenda conferisce un tocco di colore richiamando il gusto per il verde scuro, così riconoscibile nelle opere del maestro rodigino; lo scorcio del paesaggio è proporzionato e apre la composizione, che risulta ancora schematica e rigorosa, con un’attenzione alle proporzioni che in altre opere andrà perduta.