A FRANCESCO XANTO AVELLI DISH, URBINO, CIRCA 1530
PIATTO, URBINO, FRANCESCO XANTO AVELLI, 1530 CIRCA
in maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto, verde ramina in due toni, bruno di manganese, giallo antimonio nei toni del giallo e dell’arancio. Sotto il piede in bruno di manganese: De inoet Athama(n)te i(n)fu/riati. /FabulaY ed etichetta di provenienza FLORENCE TACCANI ANTICHITÀ – MILANO; diam. cm 26,5, diam. piede cm 9, alt. cm 2,7
Provenance
Matthew Uzielli, Londra (Christie’s, Londra, 12-19 aprile 1861, n. 364);
Alexandre de Talleyrand-Perigord, duc de Dino (Parigi, 8 maggio 1894, n. 34);
Henri Leroux (Parigi, 26 febbraio 1968, n. 136);
Florence Taccani, Milano;
Collezione privata
Literature
J.C. Triolo, The armorial maiolica of Francesco Xanto Avelli, The Pennsylvania State University 1996, p. 265 n. 3A.6, fig. 13;
E.P. Sani, List of works by or attributable to Francesco Xanto Avelli, in J.V.G. Mallet, XAntp. Pottery-painter, poet, man of the italian renaissance, Londra 2007, p. 81 n. 103;
C. Ravanelli Guidotti, Xanto: opere inedite o poco note, in “Faenza” XCIII, 2007, p. 84 fig. 7c;
G. Kaucher, Le Peintre du Marsyas de Milan. La majolique historiée à Urbino en 1530, Parigi 2024, p. 319 n. VIII
Comparative literature
J. Rasmussen, The Robert Lehman Collection. 10. Italian Majolica, New York 1989 pp. 126-1331, nn. 75-76;
T Wilson in L Hollein, R. Franz, T Wilson (a cura di), Tin-glaze and image culture. The MAK Maiolica Collection in Its Wider Context, Vienna 2022, pp 78-79 n. 39
Il piatto presenta basso cavetto, larga tesa appena inclinata e poggia su basso piede privo di anello; l’orlo sul retro mostra tre filettature a rilievo concentriche. Sul fronte è raffigurata una scena mitologica che narra le vicende di Ino e Atamante tratta dalle Metamorfosi di Ovidio.
Atamante, figlio di Eolo, sposò in seconde nozze Ino e dalla loro unione nacquero Learco e Melicerte. L’uomo accettò di allevare il piccolo Dioniso, nato dall’unione fra Giove e Semele, affidato dallo stesso Giove ad Ino in quanto zia del piccolo. Ma Giunone, adirata, fece impazzire Atamante tramite l’opera della furia Tisifone, che lo spinse ad uccidere il figlio Learco. Ino per il dolore si gettò in mare con l’altro figlio Melicerte e insieme si tramutarono nelle due divinità marine Leucotea e Palemone. Una raffigurazione del mito ci deriva da un’incisione nella versione volgare di Giovanni dei Bonsignori (Ovidio Methamorphoseos vulgare, Venezia 1497, fig. 32v), che mantiene la scansione cronologica degli eventi, e a cui si affiancano le variazioni nelle edizioni successive, come quella di Jean de Tournes (La Métamorphose d’Ovide figurèe, Lione 1557) con xilografie di Bernard Salomon, che furono spesso utilizzate in maiolica. L’impostazione narrativa è quella della tradizione, ma siamo avvezzi all’abitudine di Xanto Avelli di utilizzare per la sua opera fonti incisorie differenti, ed anche in questo caso il pittore rovigese ha sapientemente esercitato la sua arte attraverso l’uso di personaggi tratti singolarmente da diverse incisioni.
Xanto interpreta la scena a suo modo: sulla destra Atamante uccide il figlio facendolo sbattere su una scogliera sormontata da una zolla erbosa, in cima alla quale campeggia un emblema non ancora concordemente identificato con tre mezze lune argento su campo blu, mentre sulla sinistra Ino getta il figlio nello specchio d’acqua dipinto all’esergo del piatto; sullo sfondo, che compare oltre un orizzonte delimitato da uno steccato, si apre un ampio paesaggio reso opaco e bluastro dall’ombra gettata dal sole al tramonto.
Per quanto riguarda le fonti incisorie la figura di Atamante deriva dall’incisione La strage degli innocenti di Nicolas Beatrizet (Bartsch XV, n. 14), Ino è invece tratta da una delle figure sulla destra dell’incisione di Gian Giacomo Caraglio presa da Rosso Fiorentino raffigurante La contesa tra le Muse e le Pieridi (Bartsch XIV, n. 53), mentre il piccolo Melicerte è invece una variazione di uno dei Cupidi danzanti di Marcantonio Raimondi da Raffaello (Bartsch XV, n. 217). Tutte le figure sono state più volte utilizzate nelle opere di Xanto e così pure l’impianto stilistico e narrativo, che ritroviamo in opere affini come ad esempio il piatto conservato al Glasgow City Council Museum (inv. n. 1893.93). La figura di Atamante compare poi nella coppa con la raffigurazione del medesimo mito del MAK di Vienna, ed è questo il confronto più pregnante: la coppa con lustro, di recente pubblicazione, reca la firma per intero di mastro Giorgio eugubino e sotto il lustro una iscrizione relativa al mito raffigurato di mano di Xanto e associata alla data 1528 e alla lettera φ. Nella raffigurazione di Adamante l’opera di confronto rispecchia l’impostazione e l’uso dell’incisione come nel piatto in esame, ma propone una diversa disposizione della scena e una maggior ricchezza nella realizzazione del paesaggio di sfondo e degli elementi che fanno da quinta alla scena.
Carmen Ravanelli Guidotti ha ricordato il piatto in esame negli atti del convegno su Francesco Xanto Avelli, proponendo una datazione agli anni 1528-1529 anche per la presenza della lettera Y/φ o lettera feliciana, all’uso della quale il pittore resterà fedele fino al 1530 circa, quando comincerà a firmare per esteso. A proposito del segno Y/φ r rimandiamo alla scheda del secondo piatto di Xanto presente in questo catalogo (lotto 11).
A proposito invece dello stemma con i crescenti lunari e l’utilizzo dello stesso in opere dipinte da pittori diversi rimandiamo a quanto già proposto da Carmen Ravanelli Guidotti nel suo saggio in occasione del congresso del 2007. Sottolineiamo comunque qui in particolare l’interpretazione e l’attribuzione alla famiglia francese Bannes, marchesi di Puygiron, avanzata da Charles Mannheim nel presentare il piatto qui in esame per la vendita del 1894, e accolta da Alice Wolf’s in una nota a un piatto del MET. Tale ipotesi fu poi rigettata da Rasmussen, e varie sono ormai le interpretazioni attributive legate a famiglie italiane, con il riconoscimento di più pittori nella redazione del servizio. Il piatto, di grande qualità, si ripropone dunque agli studiosi dopo un lungo periodo di oblio offrendosi a nuove e interessanti proposte di studio.